[GDR D&D 3.5] La storia di Clio, l'Ancella di Lathander, l'ex Guardia Nera di Xvim (Bane) Parte 3 || The story of Clio, The Lathander's Handmaid, former Blackguard of Xvim (Bane) Part 3

 

La versione inglese è più in basso nella pagina.

The English version is further down the page.

Ecco la terza parte, i capitoli precedenti li trovate qui per la prima parte e qui la seconda

Parte 3 - Il Guanto della Sfida 

Clio, Guardia Nera di Xvim

Alla fine, oramai nell'anno 1368, divenni una Spada Nera, titolo tra i più alti che un non-sacerdote potesse raggiungere: essere una Guardia Nera mi dava potere e comunione con il mio Dio, ma tra me ed un chierico c'era comunque un abisso di potere e consapevolezza circa il divino. 

Forse fu proprio per questo che il 3° giorno della seconda decade di Eleasias, mi venne affidato un compito per cui sembravo essere l'unico membro tagliato. Col senno di poi, mi chiedo ancora se i miei "compagni" si augurassero io riuscissi nell'incarico o se invece fallissi e, meglio ancora, perissi.

Si trattava di corrompere il non più giovane Sir Alfric Von Khellen, paladino di Torm di Waterdeep: il vegliardo, più che cinquantenne, si era ritirato a vita privata dopo la morte di sua moglie e, per quanto alle volte partecipasse ad alcune funzioni e cerimoniali per il proprio Dio, il più del tempo viveva in solitudine, scrivendo racconti e memorie, libri di fede e consigli per i giovani cavalieri.
Non ultimo, si diceva avesse avuto grandi legami con gli Arpisti e corromperlo e diventarne concubina ed asservirlo ai miei desideri, assumendo il ruolo di castellana, moglie o amante che fosse, sarebbe stato un colpo estremamente importante nello scacchiere di quella regione e della di lui Chiesa. 

Mi rendo conto, tuttavia, che è la seconda volta che accenno ai cosiddetti "portatori di Arpa" ma, ad utilità di chi non conosce alcuni dei segreti del Faerun, ecco solo due parole al loro riguardo.

Gli Arpisti sono riuniti in una organizzazione segreta che crede fermamente che ciascuno possa fare la differenza: spingendo e incitando al potenziale dei singoli individui, e operando per l'equilibrio tra civiltà e terre selvagge e nel bene dell'umanità e delle creature sue alleate, essi motivano ciascuno a fare la propria parte, da soli come assieme ai propri compagni, per perorare ovunque la causa del Bene.

Si occupano di preservare le gesta del passato in modo che la gente ricordi la lezione impartita da quegli eventi al momento di affrontare il presente: citando il famoso bardo Asrafil Ioelthrech, essi "legano il passato al presente per poter dischiudere le porte del futuro". Individui potenti come il l'arcimago Elminster, uno degli eletti di Mystra, dea della Magia, così come i suoi pari Alustriel Silverhand, Dove Falconhand e Storm Silverhand, sono membri ben noti di questa organizzazione e tutti costoro sostengono gli Arpisti in ogni dovie: del resto, sono tra le persone più potenti di Faerun e l'essere visibili funge anche da riferimento per chi desidera unirsi a loro, come se fossero dei fari nel buio. 

L'elfo bardo Asrafindil "Asrafil" Ioelthrech (© Leo d'Amato)

Gli Arpisti di solito agiscono in segreto, da soli o in piccoli gruppi, viaggiando per tutto il Nord e le Terre Centrali Occidentali: essi combattono contro le organizzazioni malvagie come il Culto del Drago, il Trono di Ferro, i Maghi Rossi, gli Zhentarim e, in modo particolare, contro la chiesa risorta di Bane.
Questo potrebbe far capire come mai le Arpe avessero intenzione di smantellare le Cellule della Chiesa Nera, tra cui la nostra, e del perchè noi fossimo intenzionati a ricambiare tale cortesia.

Scrivevo, dunque, che l'obbiettivo era di mettere le nostre mai su questo tal Sir Alfric: e fu così che partii, a notte fonda, tra il 5° ed il 6° giorno della seconda decade del mese con la mia corazza e la spada celati in un doppio fondo del carretto che stavo maldestramente guidando, alla volta della magione di quel cavaliere a riposo: e orrori e terrori mi accompagnavano e non temevo di muovermi da sola, alla luce di una luna a metà.

Dolce Luna, pensavo, nasconditi se non vuoi provare raccapriccio per ciò che mi accingo a fare.

Ora, una precisazione: da qui in poi, sarò molto dettagliata nel mio resoconto, non solo perchè grande importanza debbo a questo momento della mia vita, ma anche perchè altri mi aiuteranno a ricostruire gli eventi che la mia memoria, al contrario, avrebbe celato, cancellato od assopito.

Giunsi dopo alcuni giorni, sul finire della notte, poco prima dell'alba, alle porte dell'augusto maniero del vegliardo, mentre il vento dell'Ovest si era levato, portando seco ricordi e promesse che giungevano da chissà dove e una qualche bestia feroce ululava in lontananza.

Tutto era silenzio, e faceva freddo, lo ricordo bene: ma se ciò dipendesse dagli abiti semilacerati che indossavo, per simulare una aggressione, o dalla effettiva temperatura o da qualcos'altro che si muoveva dentro di me, non saprei a tutt'oggi dirlo. Per buona norma, mi ero anche autoinflitta qualche ferita superficiale, per rendere l'aggressione che mi accingevo a raccontare più veritiera.

Bussai al battente a forma del simbolo sacro di Torm - che repulsione, provai!-  ed attesi, in silenzio, per lungo tempo: sulle prime pensai che quel luogo fosse abbandonato, perchè cheto e silente, pervaso di una pace che avrei immaginato di trovare in un cimitero, ma che le genti comuni e di buon cuore avrebbero considerato la pace dei giusti. Attesi, bussai di nuovo, e man mano che aspettavo che capitasse qualcosa, sentivo, stranamente, un senso di ansia nascere in me: e questa era una cosa del tutto nuova per me, dato non mi era mai successo prima di sentirmi agitata per qualcosa che ero sicura di poter gestire.

Simbolo Sacro di Torm

Proprio quando stavo per afferrare il battente, così da bussare una terza volta, udii il suono sordo di un chiavistello fatto scattare, il rumore di metallo che sferragliava e di una catenella che tintinnava lentamente, così come il rumore di una feritoia che veniva aperta: un giovane, forse un attendente diretto di Von Khellen, mostrò i suoi occhi attraverso una stretta apertura, e mi chiedeva che cosa io volessi.

Recitai la parte che tante volte avevo sfruttato per impietosire e attrarre, la spalla nuda, un accenno di seno in vista, piccoli graffi e lacerazioni che mi ero procurata: eppure, strano a dirsi, quel giovane non sembrava particolarmente impressionato, tant'è che mentre affermavo di aver subìto violenza, e di essere riuscita a fuggire trafugando il carretto degli aggressori, mi trovavo a pensare che avrei avuto forse miglior sorte con una statua di marmo.

Il giovane attendente di Sir Alfric, Cledis uth'Kar (copyright)

Alla fine, un cenno del capo, un semplice assenso, e dopo qualche istante il portone venne aperto: un fascio di luce ferì il buio della notte tanto quanto i miei occhi, ma non abbastanza da impedirmi di notare che il giovane non fosse uno sprovveduto: ben armato, vigile ed accorto, e lo sguardo colmo di ogni sospetto anche se all'apparenza sorrideva: li per li, pensai che forse ero stata tradita, che qualcuno mi avesse inviato li con il preciso scopo di incontrare la mia stessa fine, offrendo una preda preziosa quale io potevo essere, dritta dritta in bocca alla Chiesa di Torm negoziando chissà che favore sottobanco.

Tuttavia respinsi quel pensiero, lesto così com'era sorto, perchè non era quello il modo di agire della Chiesa di Torm, chiamato anche La Furia Leale, nè tantomeno la mia stessa Chiesa perpetrava quel genere di tradimento, ed ero fiduciosa di aver mascherato le mie intenzioni reali, e la mia indole oscura con un apposito sortilegio: in ogni caso, oramai ero li, e così attesi, nell'androne, mentre il palazzo si destava, i paggi anticipavano il loro risveglio e cercavano di capire qual mai emergenza li avesse tirati giù dal letto prima del solito.

Quel giovane attendente, comunque, non mi perdeva d'occhio, pur mostrandosi cortese ed offrendosi di darmi assai gentilmente una coperta, notando che il mio corpo presentava un lieve tremore. Provai a sfiorare la sua mano, a mandargli una occhiata riconoscente e provocatoria ma non sortii alcun effetto: nemmeno il marmo, pensavo, ma finanche il mithrall si sarebbe mostrato più malleabile al confronto.
Non mi restava dunque che attendere, e fu così che, di li a pochi minuti, venni finalmente a sapere che quell'anziano e vedovo cavaliere, consacrato alla Chiesa di Torm, mi avrebbe ricevuta con solerzia.

Alla fine, venni scortata per la scalinata principale, quella più facile da difendere perchè alcune feritoie lasciavano supporre la presenza di trappole, tanto quanto alcune piccole strutture, simili ad edicole, erano senz'altro destinate ad ospitare ciascuna una guardia armata oltre a piccole effigi sacre.
Tutto il luogo parlava di ricchezza non ostentata, di garbo e di nobiltà che non richiedeva ingenti spese per essere conservati in quella magione.

Salii la scalinata, volsi verso destra e, previe un paio di parole dell'attendente, presentatosi come Cledis, venni infine condotta, accettata ed introdotta in quello che doveva essere uno studio, in cui ogni parete, finanche la stessa porta che si stava chiudendo alle mie spalle, era destinata a libreria, custodendo libri, pergamene e cartelle che apparivano documenti e protocolli dall'aria ufficiale.
Fu li, dunque, che i miei occhi si posarono per la prima volta su Sir Alfric, e ricordo che mi apparve ancora più debole e vecchio di quanto avessi già supposto: era un uomo decisamente in là con gli anni, ben più di quei cinquanta inverni che si diceva avesse, come se molti affanni e dolori avessero inciso segni indelebili sul viso del vegliardo e l'avessero fatto invecchiare precocemente; pure, non mi ingannavo ritenendo che egli mostrasse una forza interiore, una decisione, una risolutezza che non avrei potuto riscontrare in gente nemmeno con la metà dei suoi anni.

Venni avanti e mi presentai, chinando il capo e mostrandomi indifesa, con la coperta che sapientemente stava scivolando lungo la mia spalla nuda, pronta a ripetere, nei dettagli, una commovente e straziante storia di vulnerabilità ed aggressione, quando incrociai il suo sguardo, che egli ricambiò fermamente, ed i miei occhi cinsero i suoi ed i suoi i miei: ed egli sussultò ed io altrettanto perchè nello stesso istante in cui uno guardava nell'altra, compresi che egli comprendesse, e che ci fossimo riconosciuti a vicenda, nonostante avessi operato un incantesimo per schermarmi dalle individuazioni dell'allineamento.
Era bastato uno sguardo, perchè ci riconoscessimo a vicenda.
Sir Alfric era conscio che quella ragazza che si poneva all'apparenza indifesa di fronte a lui fosse una nemesi tremenda ed oscura, il male più puro contro cui si fosse misurato; ed io del pari compresi che nulla, nessuna storia o bugia, nessuna arte di seduzione nè forza celata avrebbero potuto irretire e conquistare quell'uomo. 

Sir Alfric Von Khellen, Campione divino di Torm

Smisi dunque quella farsa, quasi che avessi scelto di cessare quella pantomima, e presi a guardarmi attorno, valutando quali opzioni avessi per combattere, trascinando con me il maggior numero dei presenti, dato che ero disarmata e incapace di sopravvivere in tale inferiorità numerica; pure, nella mia sicumera e baldanza ero fiduciosa della mia possibilità di strappare un'arma da una delle armature che qua e la si trovavano: ed il vegliardo pareva pensare la stessa cosa, guardando gli altri presenti, tra i quali i paggi ed il suo attendente, cercando di capire come proteggerli da uno scontro che avrebbe visto tante vittime e molto sangue scorrere.

Era una situazione di totale stallo, nessuno osando muoversi, alterando l'equilibrio, con solo io e Sir Alfric ad essere del tutto consapevoli della situazione.
Da qui in poi userò spesso il linguaggio diretto perchè le parole che riporterò sono state da me e dai testimoni presenti più volte discusse, riproposte e già menzionate tanto in atti ufficiali che in quelli di alcuni incartamenti giudiziari: la mia memoria da sola, decisamente non 

votata alle materie accademiche, mai mi avrebbe permesso di riportare, specie con dovizia di particolari, cose che sono state pronunciate da me o da altri molti anni fa, specie contando lo stato della mia alterazione.

Dunque, quando stavo pensando che avrei dovuto tentare il tutto per tutto, egli sembrò intuire le mie intenzioni e levò la mano in un gesto innocuo, ma solido, che mi fermò sul posto: la mano sinistra col palmo alto, a simboleggiare Torm, ma anche a parlare ed io, in quanto cavaliere, sia pure oscura, dovevo ascoltare. 
Riporto qui quello scambio di battute, quel dialogo svoltosi tra di noi e che, comunque, resta impresso nel mio animo:

Non credevo di meritare tanta importanza da ricevere finanche la visita dell'Angelo Nero. La morte, spesso si dice, è una fanciulla dagli occhi puri bordati di nero. Così disse, e non c'era scherno nella sua voce nè desiderio nei suoi occhi, quando aggiunse, quasi tra sè e sè, riflettendo: ...una creatura così meravigliosa...e tanto corrotta. Vorrei davvero conoscere, e capire, ciò che ti ha condotta fino a questo punto. aggiunse, come se veramente parlasse con sè stesso.

A queste parole, tornarono i timori di esser stata tradita e venduta da qualcuno, ma egli, quasi mi leggesse dentro, proseguì: Non ingannarti, Clio di Bryn Shander, perchè non sei la sola che gode, anche se immeritatamente nel mio caso, del favore della propria divinità. Accennò un sorriso, ma senza allegria: anzi, ebbi la sensazione che stesse ponderando se attaccarmi già li per li, o volesse tentare la via del dialogo. Molti sono i modi con cui la Volontà Divina si manifesta, leggiadra e forte, resistente ma misericordiosa, che sia in forma di una veggenza, di una profezia, di un sogno...o di una semplice quanto fortunata intuizione. 

Replicai, dunque, visto che mentire sembrava una inutile perdita di tempo: Sembrate saper già tutto, oh Nobile Cavaliere: qual sorte dunque mi è riservata? Sono Vostra prigioniera? Vostra schiava? O desiderate sia Vostra, e basta? Se così fosse, non avete che da chiedere, mio Signore, e da allontanare i presenti perchè io possa far qualsiasi cosa Vi alletti per riscattare la mia libertà.

"Mio Signore", già: fu la prima volta che usai quella espressione con tanta sufficienza e scherno da grondar veleno dalle mie parole. E fu dopo quel momento che, quando finalmente tornai libera nella mente e nel cuore, scelsi di appellare chiunque quale "Mio Signore" o "Mia Signora": perchè è giusto io sia l'ultima degli ultimi, e servire sia il solo modo di espiare, rammentando ciò che ho fatto e ho tentato più volte di fare.

Sento però di non poter divagare perchè, di tanti capelli sotterranei, di tanti ruscelli che concorrevano a sgretolare il castello di sabbia delle mie certezze, fu quell'incontro ad essere per me decisivo. E la risposta che ottenni fu ... cortese. Quell'uomo era gentile, con chi non avrebbe esitato a strappargli il cuore dal petto durante un amplesso, e farlo mangiare al suo attendente.

Credo di non aver più l'età per queste cose, ragazza mia: tentando di sedurmi, rovineresti la tua, peraltro ben meritata, fama. Inoltre, so fin troppo bene, stando a quello che ho dovuto sentir dire, che sedurre ed uccidere è solo una via più veloce per te, ma che forte è la Volontà di Colui che ti guida, al punto che sei una guerriera, una crociata oscura, terribile, valente sia pur nell'odio, e che trattarti da mera adescatrice sarebbe nei tuoi confronti una offesa imperdonabile. No, ragazza mia, non sto schernendoti - aggiunse, notando la mia espressione - ma devi renderti conto che gli anni al servizio marziale di una qualsiasi divinità lasciano il segno, ed i miei occhi non sono ancora così deboli da non notare le minuscole imperfezioni che restano sulla tua pelle, nonostante l'uso di unguenti, di stoffe, di protezioni ed imbottiture, impiegando tu così spesso una corazza da campo; nè il mio olfatto è così danneggiato da non percepire l'odore di acciaio e di sangue che ti accompagna da che hai messo piede in questa stanza. 
Non voglio mancare di rispetto a chi hai ingannato e ucciso, ma mi chiedo come si faccia a non notare certe cose: o, forse, è solo un beneficio dell'età che porta seco la pace dei sensi, che rende te, Angelo Nero, una splendida creatura, ma di cui non anelo a conquistare il favore, nè nel mio talamo, nè in qualsiasi altro luogo... anche se non dubito che saresti all'altezza della tua fama. 

A quel punto, ero consapevole di non aver scelta, e che negare sarebbe stato inutile: gli dissi, a chiare lettere, che ero li per prendere la sua vita, conquistare quel luogo per la mia Chiesa ed asservire i presenti al dominio dell'Oscuro o ucciderli tutti se avessero rifiutato. Ed egli tacque, greve nel fare, e molte rughe si dipinsero sul suo viso: e nessuno degli astanti profferiva verbo, e la luce del dì s'era fatta più intensa anche se malsana, come se presagisse un giorno di pioggia. Solo l'attendente di Sir Alfric, Cledis, pareva propenso a far cantare le spade, in nome del principio che la miglior difesa è l'attacco.

Prima che però anche questo potesse accadere, fu di nuovo Sir Alfric a parlare, levandosi in piedi con tutta la dignità che poteva mostrare un uomo destato di soprassalto nella notte, e che trova un simile angelo della morte nella propria dimora. E così parlò, ed io ancora lo rammento:

Vi concedo questo giorno per prepararvi, Clio di Bryn Shander, o Khalis, come ho anche udito Vi siete fatta appellare da che avete abbandonato le gelide terre del Nord.

Sono sicuro che avrete attinto a diverse risorse per garantirVi il successo nella Vostra malsana impresa odierna, presentandoVi quale vittima bisognosa di protezione: dunque una parte del Vostro potere è già esaurito o non destinato a sostenere uno scontro prolungato.

Non sareste ora in grado di affrontarmi, al meglio delle Vostre possibilità, in singolar tenzone.

Fu li, a quelle parole di apparente sufficienza, che esplosi, e che qualsiasi manifestazione di oscuro potere che mi accompagnava prese a sgorgare libero, minaccioso ed accecante per i presenti, come un fiume in piena d'odio e orgoglio ferito:

Vecchio pazzo! Stai insinuando che io non sia in grado di batterti come e quando voglio, finanche priva di armatura e con null'altro che un pugnale? Sorrisi, e così parlai, minacciosa ed ebbra di consapevolezza malevola. Sai chi sono? Sai in nome di CHI io vengo e parlo? Hai idea della Potenza che stai sfidando con queste tue false parole cortesi? Non ho bisogno di prepararmi, non quanto tu possa averne per redigere il tuo epitaffio.

Ricordo bene che provai una rabbia cocente, ma l'apparente serenità di quell'uomo mi inquietava: non conoscevo più la paura, forte del favore del mio Dio, ma sentivo che ogni mia parola era poco più che una vuota minaccia, il latrato di un cucciolo che abbaia alla luna, con le stesse probabilità di influenzarne il corso. Sir Alfric riprese:

Non voglio minacciarVi. Ma desidero che in cuor Vostro non resti il benchè minimo dubbio sul fatto che, quando mi affronterete domattina, a quest'ora, voi siate nel miglior stato emotivo, fisico e mentale, con le vostre oscure risorse divine ripristinate, e con nessn'altra preoccupazione che il modo di togliermi la vita. 

Desidero che, allorchè Voi ed io ci batteremo, non abbiate a dubitare che niente abbia in Voi fallito che dipenda dalla stanchezza, da quei graffi che vi siete probabilmente auto inflitta per rendere credibile il ruolo di vittima, o dalle minor preghiere oscure che avrete memorizzato nè dall'assenza del vostro miglior equipaggiamento.

Domattina, a quest'ora, in singolar tenzone, Voi ed io: e la sorte arrida a chi sia più saldo nelle proprie convinzioni, più che potente per mera forza fisica.

Ricordo che io risi, consapevolmente, sguaiatamente, di una allegria malsana: mai ero stata così potente, così sicura, follemente, di me stessa: Dunque, ammettete? Sapete d'essermi inferiore e confidate di battermi con le chiacchiere e con il favore del Vostro Dio, debole e vecchio quanto voi?

Fu forse un errore, perchè quelle parole parvero far ringiovanire il vegliardo, che riacquistò una prestanza, una imponenza, che mai gli avrei riconosciuto: ...potete offendermi finchè volete, ma in casa mia, per intimazione verso il vostro Dio Blasfemo, non tollero maldicenze su Colui che servo. Non scambiate la mia cavalleria con la stoltezza, nè il favore che Vi concedo di prepararVi fino a domani con qualsiasi forma di timore.
Siete un Cavaliere voi stessa, anche se corrotta, dunque state al Vostro posto. 

Fierezza e forza sembravano sgorgare da lui, un fiume placido che si opponeva a quello violento che da me promanava: acqua contro fuoco, quiete contro tempesta. 
Pure, compresi ed accettai, chinando il capo, mentre egli aggiungeva ...detto ciò, se desiderate riposare Vi darò una stanza a condizione che giuriate di non nuocere ad alcuno degli abitanti del maniero fino a che non ci saremo scontrati. 

Altrimenti, a circa sei miglia a Nord c'è una locanda ricca di avventurieri, dove però potrete riposare fino a domani a patto di non crear scompiglio.

Mi trovai così costretta a replicare: Sapete bene che non ho desiderio di restar qui, dove l'Occhio del Vostro Dio mi mette a disagio e dove pian piano mi sento indebolire: tuttavia, farò come chiedete, una gentilezza da Cavaliere a Cavaliere in nome della Vostra età. Dissi, ritraendomi, e guardandomi attorno sfacciata e sorridente: ....oh, sono certa che mi piacerà vivere qui. Dopo qualche cambiamento qua e la, questo luogo sarà davvero un bel posto da rivendicare. Scoccai una occhiata decisamente malevola verso l'attendente di Sir Alfric ... e Voi, preparatevi a dovere, perchè entro il calar della notte di domani avrete una nuova Padrona ed io un nuovo giocattolo.
Così dissi, e mi preparai ad andar via: tra un giorno, dunque, avrei dato battaglia, sfidando qualcuno che aveva più del doppio dei miei inverni e che si diceva non calcasse un campo di battaglia da anni.
Mi stupii persino per essermi fatta convincere a rimandare lo scontro, passando da un tentativo di corrompere ed uccidere il vegliardo ad un duello onorevole tra potenze avverse: e mi chiedevo finanche qual mai merito o fama avrei potuto ricevere nell'abbattere qualcuno così palesemente inferiore a me.
Eppure, mentre i miei stivali calpestavano la morbida moquette che vestiva tutto, dal pavimento alle scale, mi sentivo inquieta: pochissimi avevano osato incrociare coscientemente la spada con la mia e meno ancora avevano direttamente osato sfidarmi. Nutrivo dunque dubbi circa il mio successo? Oh, per quel che ricordo, no, ero sicura di potercela fare: eppure, nonostante le rassicurazioni che mi concedevo, dovevo ammettere che qualcosa, durante quell'incontro, mi aveva scossa. 
E così mi allontanai, scortata con tre volte la prudenza osservata solo pochi minuti prima da parte dei soldati e dell'attendente, lungo le scale e l'androne che avevo percorso in precedenza come se ne fossi già la padrona.
E varcai l'uscio, e il portone si richiuse pesantemente alle mie spalle, ed il carro con i miei averi era ancora li: non restava che prendere una stanza in locanda, attirando meno attenzioni possibile, e prepararmi al duello che si sarebbe tenuto il giorno 10 della seconda decade.

-Leo "Lordgirsa" d'Amato-

English version

Here is the third part, the previous chapters can be found here for the first part and here for the second

Part 3 - The Gauntlet of Challenge

Eventually, by now in the year 1368, I became a Black Sword, a title among the highest that a non-priest could achieve: being a Black Guard gave me power and communion with my God, but between me and a cleric there was still an abyss of power and awareness about the divine.

Perhaps it was precisely for this reason that on the 3rd day of the second decade of Eleasias, I was given a task for which I seemed to be the only member cut. In hindsight, I still wonder if my "companions" hoped I would succeed in the task or if I would fail and, better yet, perish.

It was about corrupting the no longer young Sir Alfric Von Khellen, paladin of Torm of Waterdeep: the old man, over fifty years old, had retired to private life after the death of his wife and, although he sometimes participated in some functions and ceremonies for his God, most of the time he lived in solitude, writing stories and memoirs, books of faith and advice for young knights.

Last but not least, he was said to have had great ties with the Harpers and corrupting him and becoming their concubine and enslaving him to my desires, assuming the role of castellan, wife or lover, would have been an extremely important move in the chessboard of that region and of his Church.

I realize, however, that this is the second time I mention the so-called "Harp bearers" but, for the benefit of those who do not know some of the secrets of Faerun, here are just a few words about them.

The Harpers are a secret organization that believes that each individual can make a difference: by pushing and inciting the potential of individuals, and by working for the balance between civilization and the wilds and for the good of humanity and its allied creatures, they motivate everyone to do their part, alone and with their companions, to plead the cause of Good everywhere.

They are concerned with preserving the deeds of the past so that people remember the lessons those events taught when they face the present: to quote the famous bard Asrafil Ioelthrech, they "bind the past to the present in order to open the doors of the future". Powerful individuals such as the Archmage Elminster, one of the chosen of Mystra, goddess of Magic, as well as his peers Alustriel Silverhand, Dove Falconhand, and Storm Silverhand, are well-known members of this organization, and all of them support the Harpers in every way: after all, they are among the most powerful people in Faerun and their visibility also serves as a reference for those who wish to join them, as if they were beacons in the darkness.

The Harpers usually operate in secret, alone or in small groups, traveling throughout the North and the Western Heartlands: they fight against evil organizations such as the Cult of the Dragon, the Iron Throne, the Red Wizards, the Zhentarim and, most notably, the resurrected church of Bane.

This might explain why the Harps intended to dismantle the Cells of the Black Church, including ours, and why we were willing to return the favor.

I wrote, then, that the object was to put our hands on this Sir Alfric: and so it was that I set out, in the dead of night, between the 5th and the 6th day of the second decade of the month with my armor and sword hidden in a false bottom of the cart that I was clumsily driving, towards the mansion of that knight at rest: and horrors and terrors accompanied me and I did not fear to move alone, in the light of a half moon.

Sweet Moon, I thought, hide yourself if you do not want to feel horror for what I am about to do.

Now, a clarification: from now on, I will be very detailed in my account, not only because I owe great importance to this moment of my life, but also because others will help me reconstruct the events that my memory, on the contrary, would have hidden, erased or put to sleep.

I arrived after a few days, at the end of the night, just before dawn, at the gates of the old man's august manor, while the West wind had risen, bringing with it memories and promises that came from who knows where and some wild beast was howling in the distance.

Everything was silent, and it was cold, I remember it well: but whether this depended on the half-torn clothes I was wearing, to simulate an attack, or on the actual temperature or on something else that was moving inside me, I could not say to this day. For good practice, I had also inflicted a few superficial wounds on myself, to make the attack I was about to tell more truthful.

I knocked on the door shaped like Torm's sacred symbol - how repulsive I felt! - and waited, in silence, for a long time: at first I thought that the place was abandoned, because it was quiet and silent, pervaded by a peace that I would have imagined to find in a cemetery, but that common and good-hearted people would have considered the peace of the righteous. I waited, knocked again, and as I waited for something to happen, I felt, strangely, a sense of anxiety rising in me: and this was something completely new to me, since it had never happened to me before to feel agitated for something that I was sure I could handle.

Just as I was about to grab the door, so as to knock a third time, I heard the dull sound of a latch being clicked, the sound of metal rattling and a chain slowly jingling, as well as the sound of a loophole being opened: a young man, perhaps one of Von Khellen's direct attendants, showed his eyes through a narrow opening, and asked me what I wanted.

I played the part that I had so often exploited to arouse pity and entice, the bare shoulder, a hint of breast in sight, small scratches and lacerations that I had inflicted on myself: and yet, strange to say, that young man did not seem particularly impressed, so much so that while I claimed to have been raped, and to have managed to escape by stealing the attackers' cart, I found myself thinking that perhaps I would have had better luck with a marble statue.

Finally, a nod, a simple assent, and after a few moments the door was opened: a beam of light hurt the darkness of the night as much as my eyes, but not enough to prevent me from noticing that the young man was not a fool: well armed, alert and careful, and his gaze full of every suspicion even if he apparently smiled: there and then, I thought that perhaps I had been betrayed, that someone had sent me there with the precise purpose of meeting my same end, offering a precious prey such as I could be, straight into the mouth of the Church of Torm negotiating who knows what favor under the table. However, I rejected that thought, as quickly as it had arisen, because that was not the way of acting of the Church of Torm, also called The Loyal Fury, nor did my own Church perpetrate that kind of betrayal, and I was confident that I had masked my real intentions, and my dark nature with a special spell: in any case, I was there now, and so I waited, in the entrance hall, while the palace was awakening, the pages anticipated their awakening and tried to understand what emergency had pulled them out of bed earlier than usual.

That young attendant, however, did not lose sight of me, while appearing courteous and offering to give me a blanket very kindly, noticing that my body was trembling slightly. I tried to touch his hand, to send him a grateful and provocative look but it had no effect: not even marble, I thought, but even mithrall would have been more malleable in comparison.

So I had no choice but to wait, and so it was that, a few minutes later, I finally learned that the elderly and widowed knight, consecrated to the Church of Torm, would receive me with alacrity.

Finally, I was escorted to the main staircase, the easiest to defend because some loopholes suggested the presence of traps, as well as some small structures, similar to shrines, were undoubtedly intended to house an armed guard each as well as small sacred effigies.

The whole place spoke of unostentatious wealth, of grace and nobility that did not require huge expenses to be preserved in that mansion.

I climbed the steps, turned to the right and, after a few words from the orderly, who introduced himself as Cledis, I was finally led, accepted and introduced into what must have been a study, in which every wall, even the door that was closing behind me, was intended as a bookcase, holding books, parchments and folders that appeared to be official-looking documents and protocols.

It was there, then, that my eyes rested for the first time on Sir Alfric, and I remember that he appeared even weaker and older than I had already supposed: he was a man decidedly advanced in years, much older than those fifty winters that he was said to have had, as if many worries and pains had engraved indelible signs on the old man's face and had made him age prematurely; however, I was not deceived in believing that he showed an inner strength, a decision, a resolution that I could not have found in people even half his age.

I came forward and presented myself, bowing my head and showing myself defenseless, with the blanket that was expertly sliding along my bare shoulder, ready to repeat, in detail, a moving and heartbreaking story of vulnerability and aggression, when I met his gaze, which he returned firmly, and my eyes embraced his and his mine: and he started and I too because in the same instant in which one looked into the other, I understood that he understood, and that we had recognized each other, despite having worked a spell to shield myself from the individuations of the alignment.

A look was enough for us to recognize each other.

Sir Alfric was aware that this girl who stood apparently defenseless before him was a terrible and dark nemesis, the purest evil against which he had measured himself; and I equally understood that nothing, no story or lie, no art of seduction or hidden force could have ensnared and conquered that man.

So I stopped that farce, almost as if I had chosen to stop that pantomime, and I began to look around, evaluating what options I had to fight, dragging with me the greatest number of those present, since I was unarmed and unable to survive in such numerical inferiority; yet, in my self-assurance and boldness I was confident of my ability to tear a weapon from one of the armors that were found here and there: and the old man seemed to think the same thing, looking at the others present, including the pages and his attendant, trying to understand how to protect them from a clash that would see so many victims and much blood flow.

It was a situation of total stalemate, no one daring to move, altering the balance, with only Sir Alfric and I being completely aware of the situation.

From here on I will often use direct language because the words that I will report have been discussed, re-proposed and already mentioned by me and by the witnesses present in official documents and in some judicial documents: my memory alone, decidedly not devoted to academic subjects, would never have allowed me to report, especially with great detail, things that were said by me or by others many years ago, especially considering the state of my alteration.

So, when I was thinking that I should try everything, he seemed to sense my intentions and raised his hand in a harmless but solid gesture that stopped me in my tracks: the left hand with the palm up, to symbolize Torm, but also to speak and I, as a knight, even a dark one, had to listen.

I report here that exchange of words, that dialogue that took place between us and that, in any case, remains imprinted in my soul:

I did not believe I deserved so much importance as to receive even the visit of the Black Angel. Death, it is often said, is a girl with pure eyes rimmed with black. So he said, and there was no mockery in his voice nor desire in his eyes, when he added, almost to himself, reflecting: ... such a wonderful creature... and so corrupt. I would really like to know, and understand, what has brought you to this point. He added, as if he were really talking to himself.

At these words, the fears of having been betrayed and sold by someone returned, but he, as if reading my mind, continued: Do not deceive yourself, Clio of Bryn Shander, because you are not the only one who enjoys, even if undeservedly in my case, the favor of his divinity. He hinted at a smile, but without joy: indeed, I had the feeling that he was pondering whether to attack me right then and there, or wanted to try the path of dialogue. There are many ways in which the Divine Will manifests itself, graceful and strong, resistant but merciful, whether in the form of a clairvoyance, a prophecy, a dream... or a simple but fortunate intuition.

I replied, therefore, since lying seemed a useless waste of time: You seem to know everything already, oh Noble Knight: what fate then is reserved for me? Am I your prisoner? Your slave? Or do you wish it to be yours, and that's it? If so, you have only to ask, my Lord, and to remove those present so that I can do whatever you tempt to redeem my freedom.

"My Lord", yes: it was the first time that I used that expression with such condescension and mockery that my words dripped with venom. And it was after that moment that, when I finally returned free in my mind and heart, I chose to call everyone as "My Lord" or "My Lady": because it is right that I should be the last of the last, and serving should be the only way to atone, remembering what I have done and have tried many times to do.

However, I feel that I cannot digress because, of so many underground hairs, of so many streams that conspired to crumble the sand castle of my certainties, it was that meeting that was decisive for me. And the answer I got was ... polite. That man was kind, to whom he would not hesitate to tear his heart from his chest during an embrace, and make his attendant eat it.

I think I am no longer old enough for these things, my girl: by trying to seduce me, you would ruin your, otherwise well-deserved, reputation. Furthermore, I know only too well, from what I have had to hear, that seducing and killing is only a quicker way for you, but that the Will of Him who guides you is strong, to the point that you are a warrior, a dark crusader, terrible, valiant even in hatred, and that treating you as a mere seducer would be an unforgivable offense towards you. No, my girl, I am not mocking you,” he added, noticing my expression, “but you must realize that years of martial service to any deity leave their mark, and my eyes are not yet so weak as not to notice the tiny imperfections that remain on your skin, despite the use of ointments, fabrics, protections and padding, you so often employing field armor; nor is my sense of smell so impaired as not to perceive the odor of steel and blood that has accompanied you since you set foot in this room. I do not want to disrespect those you have deceived and killed, but I wonder how one can fail to notice certain things: or, perhaps, it is only a benefit of age that brings with it the peace of the senses, that makes you, Black Angel, a splendid creature, but whose favor I do not desire to win, neither in my bedchamber, nor anywhere else... even if I do not doubt that you would be worthy of your fame.

By then I knew I had no choice, and that to deny would be futile: I told him, in plain words, that I was here to take his life, to conquer this place for my Church and to enslave those present to the Dark One's dominion or to kill them all if they refused. And he was silent, heavy in his action, and many wrinkles were painted on his face: and none of the bystanders uttered a word, and the light of day had become more intense though unhealthy, as if it presaged a day of rain. Only Sir Alfric's attendant, Cledis, seemed inclined to make the swords sing, in the name of the principle that the best defense is offense.

But before even that could happen, it was Sir Alfric who spoke again, rising to his feet with all the dignity that a man could show when he is startled in the night, and finds such an angel of death in his home. And so he spoke, and I still remember him:

I give you this day to prepare, Clio of Bryn Shander, or Khalis, as I have also heard You have called Yourself since You left the frozen lands of the North. I am sure that You have drawn upon many resources to ensure Your success in Your unwholesome enterprise today, presenting Yourself as a victim in need of protection: therefore a part of Your power is already exhausted or not destined to sustain a prolonged conflict. You would not be able to meet me now, to the best of Your ability, in single combat.

It was there, at those words of apparent sufficiency, that I exploded, and that any manifestation of dark power that accompanied me began to flow freely, threatening and blinding for those present, like a river in flood of hatred and wounded pride:

You old fool! Are you insinuating that I am not able to beat you as and when I want, even without armor and with nothing but a dagger? I smiled, and so I spoke, threatening and drunk with malevolent awareness. Do you know who I am? Do you know in the name of WHOM I come and speak? Do you have any idea of ​​the Power that you are challenging with these false polite words of yours? I do not need to prepare myself, not as much as you may have to write your epitaph.

I remember well that I felt a burning rage, but the apparent serenity of the man unnerved me: I no longer knew fear, strong in the favor of my God, but felt that every word I said was little more than an empty threat, the bark of a puppy barking at the moon, with the same probability of influencing its course. Sir Alfric continued:

"I do not want to threaten you. But I want there to be no doubt in your hearts that, when you face me tomorrow morning, at this hour, you will be in the best state of mind, body, and soul, with your dark divine resources restored, and with no other concern than how to take my life.

I want there to be no doubt in your hearts when you and I fight that nothing has failed you that is due to fatigue, or those scratches you probably inflicted on yourself to make the role of victim believable, or the less obscure prayers you have memorized, or the absence of your best equipment.

Tomorrow morning, at this hour, in single combat, You and I: and may fortune smile on the one who is more firm in his convictions, more powerful by mere physical strength."

I remember that I laughed, knowingly, coarsely, with an unhealthy cheerfulness: I had never been so powerful, so sure, madly, of myself: "So, you admit? You know you are inferior to me and you trust to beat me with gossip and with the favor of Your God, weak and old as you?"

Perhaps it was a mistake, because those words seemed to rejuvenate the old man, who regained a prowess, an imposingness, that I would never have recognized in him: "...you can offend me as much as you want, but in my house, by intimation to your Blasphemous God, I do not tolerate slander about Him whom I serve. Do not mistake my chivalry for foolishness, nor the favor I grant you of preparing until tomorrow for any form of fear. You are a Knight yourself, even if corrupt, so keep your place."

Pride and strength seemed to flow from him, a placid river opposing the violent one that flowed from me: water against fire, calm against storm.

Yet, I understood and accepted, bowing my head, as he added "...so, if you wish to rest, I will give you a room on condition that you swear not to harm any of the inhabitants of the manor until we have met.If not, about six miles to the north is an inn full of adventurers, where, however, you may rest until tomorrow on condition that you do not create a disturbance."

I was forced to reply: "You know I have no wish to remain here, where the Eye of your God makes me uncomfortable and where I feel myself growing weak: yet I will do as you ask, a kindness from Knight to Knight in the name of your age." I said, drawing back, and looking boldly and smilingly about me: "....oh, I am sure I shall like to live here. After a few changes here and there, this place will be a fine one to claim." I cast a decidedly malevolent glance at Sir Alfric's attendant  "... and you, prepare yourselves well, for by nightfall tomorrow you will have a new Mistress and I a new plaything."

So I said, and prepared to go: in a day, then, I should give battle, challenging one who was more than twice my winters old, and who was said not to have trod a battlefield for years.

I was even surprised that I had been persuaded to postpone the fight, passing from an attempt to bribe and kill the old man to an honorable duel between opposing powers: and I even wondered what merit or fame I could receive in striking down someone so obviously inferior to me.

And yet, as my boots trod on the soft carpet that covered everything from the floor to the stairs, I felt uneasy: very few had dared to consciously cross swords with mine and even fewer had dared to directly challenge me. Did I then have doubts about my success? Oh, no, as I recall, I was sure I could do it: and yet, despite the reassurances I gave myself, I had to admit that something, during that encounter, had shaken me.

And so I walked away, escorted with three times the caution observed only a few minutes before by the soldiers and the orderly, along the stairs and the hall that I had previously walked as if I were already the owner. And I crossed the threshold, and the door closed heavily behind me, and the cart with my belongings was still there: all that remained was to take a room in the inn, attracting as little attention as possible, and prepare for the duel that would take place on the 10th day of the second decade.

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[VistoIeri] The Hunt For Gollum, un fan made realizzato come Eru vuole.

 

Di recente ho scritto per MiddleArk un articolo che riguarda il fan made del 2009 chiamato "The Hunt For Gollum", lo stesso nome convenientemente scelto per il più recente e costoso progetto ufficiale che vede Andy Serkis (l'attore che dava le movenze a Gollum nella saga di Peter Jakcson) alla regia. 

E' pur vero che, allo stato delle cose, dovrei scrivere "lo stesso nome [...] che dovrebbe vedere Andy Serkis" eccetera, dato che di rimando in rimando è probabile che questo nuovo tentativo di spremere il franchise di Tolkien non vedrà la luce prima di due o tre anni, ad andar bene.

E, dato che sono un pessimista cronico circa queste mosse commerciali, spero sia un progetto che finisca in cantina per non venir più riesumato, dato che ricavare non uno, ma persino due film, circa un episodio appena accennato ne Il Signore degli Anelli - Il Concilio di Elrond, è qualcosa che può, appunto, venir realizzato in un corto di quaranta minuti, meglio se realizzato con amore dai fan, ma che certo non si presta alle solite hollywoodate che hanno interessato (la trilogia de) Lo Hobbit.

Il fan made, che sono abbastanza pronto a scommettere sia e resterà migliore versione di qualsiasi cosa verrà tirato fuori a suon di milioni di dollari, lo trovate qui, in versione gratuita e doppiata ufficialmente in italiano dalla Kharisma di Bari. 

Eccovi dunque l'introduzione all'articolo: buona lettura e, nel caso del film, buona visione. 

"Un franchise, da che mondo è mondo, è tale perché movimenta idee, masse, interesse, merchandise e denaro, diventando riconoscibile perché famoso e famoso perché riconoscibile: quando, poi, un franchise è particolarmente conosciuto, i numeri che smuove in tutte queste voci sono ovviamente enormi.

Nel caso de “Il Signore degli Anelli”, a partire dalla fortunata trilogia di Peter Jackson in poi chi possedeva i suoi diritti si è reso conto di avere una gallina dalle uova d’oro, che poteva venire sfruttata a dovere. 

Nonostante questa operazione abbia richiesto i suoi tempi ed abbia avuto momenti di calma apparente, negli ultimi anni si è registrata una progressiva crescita di prodotti a tema Tolkien: da giochi a videogiochi, l’industria si è mossa per cercare di rendere, specialmodo in un momento di stanca dei Cinecomics, Il Signore degli Anelli nuovamente accattivante per il grande pubblico, in modo che tutti i casual watcher, ossia coloro che non sono esattamente cultori dell’opera di Tolkien quanto dei film di Jackson, potessero tornare ad immergersi in questo mondo e, così,  tornare ad innamorarsi di atmosfere e personaggi ben noti agli appassionati veri e propri.

 Il caso più palese è ovviamente quello della serie televisiva di Prime Video, Gli Anelli del Potere, che si è trascinata dietro polemiche ed un fandom diviso abbastanza nettamente tra chi l’ha apprezzata tantissimo e chi invece l’ha detestata sopra ogni cosa, con solo una minuscola e quasi silente parte di pubblico nel mezzo che si è limitato a prendere da questo prodotto ciò che c’era di buono, apprezzandolo senza farsi il sangue amaro per quello che invece non funzionava o non risultava all’altezza. Scrivi “ pubblico nel mezzo” e si legge “buon senso”.

Nel tra il 2021 ed il 2022 venne annunciato il progetto di un film di animazione, The War of Rohirrim, che è stato presentato in Italia alla fine del 2024 appena trascorso e che si pone proprio su quella scia di prodotti passati e futuri che si propongono di esplorare ed ampliare il mondo di Tolkien dal punto di vista del grande pubblico.

Oltre a questo, per il 2026, è previsto un nuovo film, probabilmente diviso in due parti, dal titolo di The Hunt For Gollum, con al timone della regia proprio Andy Serkis, l’interprete di Gollum nella trilogia di Peter Jackson, apparso anche ne Un Viaggio Inaspettato, dove ad interpretare il giovane Bilbo c’era Martin Freeman. Un film scisso in due parti, che narri di un episodio che già nel libro è stato accennato in poco meno di una o due pagine, non lascia ben presagire considerando il risultato conseguito quando da un libro breve come Lo Hobbit hanno potuto attingere ben tre film introducendo moltissime libertà poco o per nulla apprezzate dagli appassionati."

Il resto potete leggerlo qui. 

- Leo "Lordgirsa" d'Amato-

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[GDR D&D 3.5] Approfondimento sul Paladino: uno sguardo alla Classe

 

Il Paladino, come scrivevo in un altro articolo - che trovate qui -  è una classe molto particolare di Dungeons & Dragons, gioco a cui per antonomasia appartiene il concetto di un Sacro Guerriero, di un individuo unto dalla propria divinità in grado di fungere da braccio armato della propria chiesa: da essere una classe fondamentalmente acquisibile come “specializzazione”, un po’ come il Druido era una variante ed una specializzazione per il chierico o sacerdote, in un’epoca in cui non si parlava di Classi di Prestigio, essa è divenuta via via sempre più peculiare ed autonoma, fino ad attestarsi sull'attuale versione (ed interpretazione) di Sacro Guerriero.

Si parla quindi di un cavaliere, di un crociato, di un “individuo unto dalla Divinità” che lo elegge a suo rappresentante e campione in un modo diverso da quello di creature chiamate "Elette" che sono, per così dire, persone “arrivate” per nascita o per impegno, ad un dato punto della loro carriera e meritano di diventare ancora più potenti e vicari della volontà del loro dio per poter meglio ancora adempiere ai propri, divini, compiti.
Prima di affrontarne maggiormente gli aspetti interpretativi, dopo che abbiamo già delineato le problematiche insite nell'interpretare un personaggio che debba mantenere l’equilibrio circa la componente della Legge e quella del Bene nel corso del precedente articolo , si può provare a gettare uno sguardo sul bilanciamento stesso di questa classe a livello di meccaniche di gioco.

Va intanto precisato che, come spesso si è detto e si è scritto, il Paladino non è una classe proprio ragionata in tutto e per tutto perchè le sue qualità possono alla fin fine ridursi ad alcuni benefici indiscutibili ma immediati e limitati ai primi livelli, mentre man mano che la classe progredisce egli ottiene ben poco di rilevante, specie confrontando ciò che altre classi ottengono: premesso che, ovviamente, non si poteva creare una classe troppo potente già sulla carta, per quanto l'obbligo di allineamento Legale Buono è già di per sè una limitazione non da poco, nè si poteva fare gli stessi errori concettuali di classi più potenti come il Warlock del Perfetto Arcanista o il Duskblade del Player Handbook II , e anche ammesso che il Paladino abbia in effetti peculiarità interessanti o di un certo peso (dal Bonus di Attacco Base ai Tiri Salvezza, fino ai punti ferita e ad alcuni privilegi di classe), pure la componente divina è poco radicata in un individuo che è comunque un “sacro cavaliere”.

Questo è tanto più vero, quanto più si esamina la componente che dovrebbe essere il giusto miscuglio più rilevante della classe, ossia tanto il Lancio di Incantesimi quanto lo Scacciare Non-morti: quest’ultimo aspetto viene, in effetti, parecchio sacrificato rispetto a quello di un qualunque chierico di pari livello, dato che il Paladino scaccia come se fosse un chierico di tre livelli in meno. Qualcuno in passato eccepiva che la cosa fosse aggirabile con l'uso di un oggetto magico particolare, ossia il Filatterio dello Scacciare Non Morti, che però comunque è un oggetto che occupa uno slot che potrebbe venire destinato ad altro e che in ogni caso non è certopeculiarità del solo paladino, ma acquistabile da qualsiasi personaggio che abbia la capacità di scacciare non morti.
In buona sostanza non posso dire che il paladino è forte se ha una spada Sacra in mano perchè, bè, non è una possibilità esclusiva di questa classe, ma può venir brandita da qualsiasi generico personaggio di allineamento Buono. 

Da ciò ne consegue che, di solito, i tentativi giornalieri di Scacciare Non-Morti possono per lo meno venire utilizzati con i cosiddetti talenti [Divini] come Potere Divino, Scudo Divino e Vendetta Divina (per citarne giusto qualcuno, presentati in questo caso su Perfetto Combattente ma altri se ne possono rintracciare in ulteriori manuali) e che per lo meno accrescono le possibilità della classe, ampliandone il potere e la “marzialità” o dando se non altro una discreta varietà di capacità con cui affrontare i pericoli: Potere Divino in particolare, il talento di cui si accennava più in alto, garantisce un Bonus ai danni, per un round completo, pari al bonus di Carisma.

Ma queste possibilità, pure, sono intanto offerte da manuali opzionali, che non è detto il DM sia propenso ad utilizzare, specie se è uno di quei Master che teme profondamente il confronto con i propri giocatori e che conosca come massima finezza ruolistica Palla di Fuoco, trappole di Palla di Fuoco e magari qualcosa di potente come Marchio di Fuoco o Parola Sacrilega. Secondo, quand'anche queste opzioni vengano concesse, si ricorda devono venire acquisiti tramite Talenti, che non è esattamente che piovano sul capo del Paladino come accade invece per la classe del Guerriero; da ultimo, questi accorgimenti servono solo a nascondere una certa qual debolezza della Classe, o almeno la sua minor efficacia rispetto ad altre: difatti, se ci si dovesse limitare al mero Manuale del Giocatore, vediamo bene quanto il Paladino ne perda in risorse, opzioni, capacità e come, tra le altre cose, il suo colpo migliore, il fantomatico “Punire il Male”, la reale risorsa marziale del Paladino, sia in realtà utilizzabile solo poche volte al giorno (col massimo di 5 volte al 20° livello) e solo in mischia: mi si potrà obbiettare che aggiungere +20 ai danni (al 20° livello, appunto) non è da buttare via , ma contando che si potrebbe sacrificarne anche tre-quattro a round in caso di attacco completo, vuol dire che si deve “scaricare tutto il proprio potere” sull'avversario finale e sperare di 1) andare a segno 2) non tirare un 1 naturale altrimenti il tentativo è comunque sprecato e da ultimo augurarsi che gli avversari al 20° livello siano di carta, per subìre effettivi danni da questa risorsa.

Lo stesso casting, ossia il lancio di incantesimi, è poco curato, sempre a mio modesto giudizio: per quanto si possa comprendere e sia anzi tutto sommato giustificabile a livello di roleplay che un Ranger, il quale ha un approccio più “istintivo” con la Natura (e le eventuali divinità da cui riceve i poteri) abbia un Livello di Incantatore dimezzato, bilanciato però dai numerosi privilegi e bonus per poter fare la differenza in un ambiente naturale, oltre ad un più alto e diversificato numero di abilità selezionabili che, ricordiamolo, possono fare la differenza durante tutte le sessioni, non altrettanto logico appare che lo stesso valga per il Paladino, che sempre essendo un guerriero sacro avrebbe dovuto ricevere per lo meno un L.I. pari al proprio livello di classe e la possibilità di accedere a qualche altro incantesimo un po’ più forte ed efficace (o che durasse un poco di più) rispetto a quelli di cui è o sarà dotato. Non ultimo, avere qualche punto abilità extra, anche solo 3+ Bonus di Intelligenza, in un raro caso in cui 2 sono pochi e 4 sono troppi - eppure il Ranger ne ha ben 6 a livello, anche se bilanciato da un Dado Vita più ridotto.

È necessario contestualizzare questa mia affermazione: in un round, chi combatte, combatte, chi lancia un incantesimo invece lancia un incantesimo; bella forza, direte voi. Il punto focale della affermazione apparentemente scontata che è stata formulata, sta nell'effetto:  chi combatte in quel round agisce, si scaglia sull'avversario, lo ferisce, difficilmente si prepara perché non è in risorse di terzi che confida per fare danni o perché ci sarà un incantatore (mago, chierico, bardo) che lo potenzierà con un incantesimo; chi lancia un incantesimo, troverà nell'incantesimo stesso e negli effetti che ne derivano la sua azione: che siano strategici, o di potenziamento per il gruppo o di danneggiamento degli avversari, anche qui l’effetto sarà “nel corso del round”, per così dire; per il paladino no, perché buona parte dei suoi incantesimi, a prescindere dalla durata più contenuta (ricordiamo che un LI dimezzato si riflette anche sulla durata di incantesimi, diversi dei quali la vedono misurata in round) sono di potenziamento. In sostanza, il Paladino tante volte si trova costretto a compiere una scelta, ossia O potenziarsi O attaccare: e per quanto anche lui potrà trarre beneficio dagli incantesimi degli altri personaggi in gioco, comunque alla lunga i suoi incantesimi divengono solo una aggiunta, un qualcosa in più che però è  tutt'altro che risolutiva e sulla quale il Paladino difficilmente possa fare affidamento.

Si precisa ancora, non si cerca una classe perfetta o sbilanciata ma, essendo il Paladino comunque concepita come una classe marziale, è l’aspetto del combattente che si esamina: paradossalmente, persino il Monaco alla lunga riesce a procurare più danni di un Paladino di pari livello che non ha, nemmeno, qualche privilegio “coerente” col suo ruolo di sacro guerriero quale, ad esempio, considerare tutte le armi brandite di allineamento Buono e/o Legale, o le ferite inflitte alle creature malvagie più difficili da curare da parte loro o incanalare gli effetti di Punire il Male attraverso i propri incantesimi contro i malvagi.

Sono solo esempi: per fortuna, il Manuale delle Imprese Eroiche e il suo corrispettivo ed ampliamento in Forgotten Realms, Champions of Valor, garantiscono molteplici possibilità a chi vuole giocare un personaggio (particolarmente) buono o un Paladino più efficace nello specifico: tra tutti gli esempi, Punire il Male a Distanza è un talento che sdogana il binomio del crociato “armatura pesante e spada a due mani” a favore di un personaggio con un’alta agilità, forza e carisma, equipaggiato in modo leggero e dotato della possibilità di infliggere con le proprie frecce i danni del Punire.
Al contempo, lo stesso Manuale del Dungeon Master, prevedendo la possibilità di Cavalcature Speciali più potenti di quelle che sono indicate dal Manuale del Giocatore, tra le quali l’unicorno (consigliabile a paladini di sesso femminile), il grifone e l’ippogrifo, risolleva sia pure in parte le possibilità offerte dalla classe.

Con queste premesse, va da sé che la classe del Paladino la si seleziona non tanto per la sua potenza, per le molteplici risorse od accesso a talenti particolari, quanto per gli spunti di gioco che può offrire, per il roleplay che invita e richiede e per l’impegno che comporta giocare la classe degnamente incontrando le limitazioni date dall'allineamento e dal codice di condotta.

-Leo "Lordgirsa" d’Amato-

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[GDR D&D 3.5] Approfondimento sul Paladino: il Bene e la Legge ed il loro bilanciamento.

 Un cavaliere è votato al coraggio, il suo cuore conosce solo la virtù, la sua spada difende gli inermi, la sua forza sostiene i deboli, la sue parole dicono solo la verità, la sua ira abbatte i malvagi. [Sir Bowen - Dragon Heart]

Est Sularus Oth Mithas: Il mio onore è la mia Vita [Sturm Brightblade - Ciclo di Dragonlance]

La morte di Sturm Brightblade (fonte)

Una delle classi che più amo, e che più spesso vedo mal sfruttata, fraintesa se non proprio  male interpretata, è proprio il Paladino: e per questo, si è presentato spesso il problema di come giocare correttamente il Paladino, sempre in bilico tra Bene da una parte e Legge dall’altra.

Paladino, Crociato, il Braccio armato della propria Chiesa, l'Errante che porta giustizia: chiamatelo come volete, avrete sempre un personaggio Legale Buono che nell'immaginario collettivo è equipaggiato con pesante corazza, arma pesante, ideali pesantissimi: un Don Chisciotte, ma meno sciroccato oppure un Orlando non ancora Furioso. 

Esordiamo dicendo che il Paladino, così come il Bardo, è una di quelle classi di D&D che più si presta all’interpretazione e a molteplici spunti di roleplay (oltre che di gioco da parte del DM che deve dare occasioni per mettere alla prova i giocatori che le interpretano), al di là di ogni preferenza personale: sono classi che richiedono uno sforzo notevole da parte dei giocatori per venire giocate degnamente, non potendosi limitare al mero uso dei dadi nell'impiego delle loro abilità, dei privilegi di classe e quant'altro, ed in genere richiedono anche delle ottime doti dialettiche da parte dei giocatori che raramente useranno una di queste classi senza svilupparne anche la Diplomazia (e nel caso del Bardo anche l’Intrattenere ed il Raggirare).

È pur vero che il Paladino in D&D 3.5 sovente finisce per essere selezionato quale classe da giocare solo per poter poter realizzare una serie di combinazioni che permettano di avvalersi di Privilegi, di Talenti, di Classi di Prestigio, mentre solo in parte viene scelta per la forza marziale espressa; assai meno, purtroppo, il Paladino viene scelto per gli spunti di roleplay che può offrire, dato che essi, al contrario, possono venire percepiti come un elemento di ostacolo od una zavorra per un gioco di ruolo che sia meno ragionato e più sbarazzino: avere difatti in un gruppo un personaggio che non può mentire e deve comportarsi sempre e comunque rettamente, anche quando “il fine giustifica i mezzi”, è una bella seccatura già per i membri del party, figurarsi per colui che lo interpreta che potrebbe talvolta (almeno) pentirsi della sua scelta o comunque sentirne il peso.
Intendiamoci, se si gioca un personaggio lo si fa perché esso piace, perchè con esso ci si diverte e perché coincide col proprio gusto: “dove c’è gusto, non c’è perdenza”, si dice dalle mie parti, e quindi, se ci si diverte a giocare un paladino (come il sottoscritto), non c’è da discuterne.

 Semplicemente, si mette in evidenza come la scelta di interpretare questa classe sia forse quella più spesso messa in discussione da quel giocatore che non aveva esattamente le idee chiare su ciò che doveva giocare e sul come giocare: non ultimo problema, giova ricordare anche che si tratta di una classe che, tra l’altro, nel caso in cui si infrangano i limiti imposti dal codice di condotta e dallo stesso allineamento Legale Buono, da una parte comporta pesanti ripercussioni sul gioco effettivo a livello di meccaniche (tra cui perdita dei poteri e dei privilegi di classe) e, dall’altro, non consente deviazioni, “scivolando” in altre classi (per quanto diverse ambientazioni e taluni talenti consentano di ignorare o superare questa limitazione come, ad esempio, rispettivamente, Grayhawk e Forgotten Realms da una parte, e Intrattenitore Devoto, Cavaliere Ascetico, Inquisitore Devoto e così via, dall’altro).

Diverse visioni, diversa rigidità, ma stesso principio: il Bene.

Non vanno nemmeno sottovalutati, come da immagine e commento di cui sopra, i possibili conflitti con altri personaggi Buoni del gruppo, un Legale Buono contro un Caotico o un Neutrale Buono per esempio, fino ad un altro Legale, i quali potrebbero tuttavia avere un’idea del tutto diversa di ciò che sia corretto o “giusto” fare in una data occasione: oltre all'esempio de “il fine giustifica i mezzi”, che comunque può prestarsi a facili eccessi da Legale Neutrale o personaggio Caotico, non mancano espressamente casi “di scuola”, come mentire anche solo blandamente per una giusta causa, rispettare dei governanti ingiusti finché non ci siano espresse prove che legittimino un intervento diretto, o finché permanga un divieto da parte dell’autorità a cui risponde il Paladino, vendicarsi o abbandonarsi per una sola volta al desiderio di distruggere il male senza preoccuparsi di possibili conseguenze o della redenzione di un avversario corrotto (con la “c” minuscola, così da non creare confusione con la Corruzione introdotta dall'ottimo manuale  Eroi dell’Orrore) e così via.
Detto ciò, concentriamoci sul Paladino a livello di roleplay, visto che ideare una build (ossia una “costruzione a tavolino” del possibile sviluppo del proprio personaggio per talenti, abilità, Classi di Prestigio) è un conto, ma giocare coerentemente il proprio personaggio è tutt'altra faccenda.

Un Paladino deve essere tanto Legale quanto Buono, si diceva: il rispetto della Legge è tanto importante quanto lo è servire il Bene, nella veste di una Divinità e/o del principio stesso morale della rettitudine, e questi due aspetti possono coesistere – di solito – oppure contrastarsi l’un l’altro – e ciò più spesso di quanto si creda.
Facciamo un esempio pratico: un Paladino ferma un malfattore che ha commesso un furto e ne impedisce la fuga in una città nella quale il rubare viene punito col taglio della mano; tuttavia, indagando sulle motivazioni dell’uomo, che magari non è nemmeno malvagio ad una eventuale Individuazione del Male, si scopre che egli è il classico padre di famiglia, disperato ed oppresso dalla povertà, che ha voluto cercare di procurarsi una ricchezza da destinare al benessere dei figli che vivono negli stenti.

Cosa dovrà fare, dunque, il nostro Paladino?

Li per li, sarebbe facile far pendere il piatto della bilancia verso il Bene (nell'esempio di cui sopra, liberare il reo sotto promessa, magari, di non reiterare più il crimine) o verso la Legge (arrestarlo pur con un peso sul cuore, perché “la legge deve venir applicata” ma impegnandosi perché abbia una mite pena), in ambedue i casi offrendosi di dare una mano alla famiglia del ladro, che sia economico oppure morale: bilanciare queste due cose è tutt'altro che agevole, perché può darsi che molto dipenda dai trascorsi del personaggio, che da background potrebbe essere incline a provare molta compassione o al contrario essere particolarmente rigido verso questi crimini, oppure potrebbe venir influenzato dai dogmi della divinità che serve (di certo un seguace del dio Tyr del pantheon di Forgotten Realms è assai più legato alla forma ed alle norme della Legge di quanto potrebbe esserlo un Paladino di Lathander, appartenente allo stesso pantheon), o potrebbe essere costretto a comportarsi con maggior rigore del solito in base alle leggi della città in cui in quel momento si sta aggirando. Ma c’è una scelta giusta? Di solito, sì, ma questo lo vedremo prossimamente.

Facciamo un altro esempio, maggiormente significativo:  il nostro paladino incontra un orco (“spesso caotico malvagio”, recita il Manuale dei Mostri)  oppure un'altra creatura umanoide definita, da manuale, “generalmente malvagia”: il Paladino è legittimato ad attaccare questa creatura a vista, per il solo fatto che abbia incontrato una creatura che sia espressamente malvagia o che lo sia molto spesso?

Può essere giustificabile l’attaccare qualcuno, anche se effettivamente malvagio, pur se non ha ancora compiuto alcun crimine?
E cosa accadrebbe se la creatura, l’orco in questione, non fosse malvagia a differenza di quanto accade per i suoi simili ed il Paladino desse per scontato che lo fosse perché “è solo un orco, in fondo, e se non ha ancora ucciso qualcuno, un giorno lo farà?” e lo uccidesse?

E, dato che stiamo spingendo sulla interpretazione, proviamo a spingerci ancora oltre: se il Paladino sgominasse assieme ai propri compagni una banda di elfi oscuri, ed accertasse la presenza di bambini drow, non ancora indottrinati all'odio ed alla supremazia razziale che è loro propria, cosa dovrebbe fare di costoro?
Le soluzioni potrebbero essere diverse o sono obbligate, dunque?
Ucciderli perché già malvagi o di certo destinati alla corruzione?
Redimerli?
Lasciarli liberi anche se, così facendo, essi potrebbero uccidere degli innocenti , il cui sangue ricadrebbe sulle mani del Paladino che non li ha fermati quando poteva?

Come si vede, la vita del Paladino è costellata da numerose occasioni nei quali i dilemmi morali non solo su ciò che sia il Bene, ma sul come perseguirlo senza violare la Legge si presentano con una certa facilità, così come le occasioni di “caduta”, cedendo alle umane emozioni o diventando al contrario via via più rigido nell’applicazione dei suoi dogmi, dei princìpi della sua fede, delle regole o degli ordini impostigli dalla divinità o dall’Ordine cui appartiene.
E non si trascuri nemmeno il rischio che il Paladino corre quando, perseguendo il Bene, ne viene al contrario sul breve o lungo periodo, del Male: rispetto all'esempio precedente, il Paladino ha magari redento un orco o un elfo oscuro ma la tribù od il casato a cui appartenevano questi reietti prendono la cosa sul personale e si danno ad atti di violenza e razzia, più violentemente del solito: anche questo ricadrebbe sulle mani del nostro Crociato?

Va detta comunque una cosa, in maniera assai semplicistica, forse, ma profondamente vera: in D&D, come già ho esposto nei miei video approfondimenti su YouTube e ho scritto diffusamente in rete, il bianco è bianco, il nero è nero, ossia il Bene ed il Male sono abbastanza netti e definiti anche senza dover introdurre le regole di Libro delle Imprese Eroiche (Book of Exalted Deeds) e Libro delle Fosche Tenebre (Book of Vile Darkness), che chiarificano, pur estremizzando molto, ciò che è “bene” e ciò che è “male”.

Per esempio, azioni come mentire, rubare, tradire, uccidere sono e restano atti se non altro “non buoni”, che vanno sì, contestualizzati, ma comunque restano legati al risultato, non alla motivazione: e se nessun DM potrebbe mai penalizzare o riprendere un Paladino che uccida un personaggio Malvagio, pure potrebbe avere qualcosa da ridire sulla sua condotta e sulla sua interpretazione laddove questa uccisione sia stata troppo lineare, priva di dubbi o di dilemmi da parte del personaggio in questione: poteva essere sconfitto senza venir ucciso? Poteva essere addirittura redento così da vivere una vita di espiazione delle proprie colpe?

La risposta è “dipende”: dipende da quale sia il livello di roleplay a cui ci si vuole spingere, quanto ci si vuole impegnare nel creare domande su domande di ordine morale, quanto si desideri stratificare e spaccare ogni azione vagliandola nelle sue molteplici sfaccettature: solitamente, queste cose vengono decise a monte, nel senso che se un personaggio vuole giocare un certo “cammino”, e provare a redimere i malvagi, non lo farà saltuariamente, ma l’avrà tentato di fare fin dall'inizio o , al massimo, sarà giunto a questa epifania, che è meglio redimere che uccidere, dopo molto roleplay; di certo non potrebbe essere propenso a salvare e tentare di riportare sulla strada del Bene un avversario solo quando capita o quando è “facile”.

In linea di massima, tuttavia, in pochi si spingono lungo queste chine pericolose, pericolose perché minano alla base (potenzialmente, per lo meno) il principio cardine del gdr che è giocare senza farsi troppi “trip mentali”: quindi, un giocatore che interpreta un Paladino che intende uccidere i malvagi e solo saltuariamente può provare, perché l’azione è contestualizzata, a salvarne/redimerne qualcuno è da apprezzare tanto quanto colui che, per propria scelta, cerca attivamente la redenzione di ogni malvagio, rifugge l’uccisione -magari usando un’arma Pietosa, che infligge danni non letali – e si impegna per un cammino che sfoci nell'Eroismo, concetto introdotto in Libro delle Imprese Eroiche e ripreso in Champions of Valor: magari, per correttezza ed onestà intellettuale,quest’ultimo dovrà ricevere un premio maggiore perché mantenersi su questi standard di gioco non è facile e non lo sarà soprattutto nel lungo periodo e si richiede uno sforzo interpretativo notevole, senza trascurare il disagio che si può portare al tavolo da gioco nel momento in cui i propri compagni giocano in un modo più semplice e diretto oppure interpretano personaggi che vanno più per le spicce.

–Lordgirsa–

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