martedì 15 febbraio 2022

Dragon Quest Dai No Daiboken: una panoramica sul manga e su ciò che è stato... (1 di 2)

Dal 2020 sta venendo trasmesso in Giappone, e su Crunchyroll con sottotitoli in italiano, una nuova versione animata di Dragon Quest: Dai no Daiboken, ossia Dai: La Grande Avventura. Scopriamo qualcosa circa le origini di questa serie, partendo dal manga.




Se c’è una cosa che in Giappone sanno fare bene, scrivevo nel lontano 2014, nell’ambito delle opere cartacee, è che sanno mescolare in modo assai validoi contenuti più leggeri, se non demenziali, con quelli più seri propri della tradizione avventurosa e dell'epos tipica del viaggio dell'eroe, dando il giusto bilanciamento a cose come la sfida, la crescita personale nonchè approfondimento psicologico dei vari personaggi: a quei personaggi, persino a quei villain, ci si finisce per affezionare.
La
 seconda cosa che gli autori dei manga conoscono bene, poi, è “lavorare con delle scadenze”: per quanto non manchino casi eclatanti ed oramai noti di opere che non conoscono ancora la fine dopo vent’anni che sono state pubblicate – vuoi perché si cerca di spremere tutto il possibile, vuoi perchè gli autori stessi non sanno più come andare avanti e ci presentano “nuovi albi” di cui almeno il 15% è occupato da riassunto di cose che già conosciamo e spiegazioni superflue (potrei citare i ben noti casi di Guyver- The Bioboosted Armour e di Bastard!!, dei quali probabilmente solo i miei nipoti potranno leggerne la conclusione) – in linea di massima la cosa che ho sempre apprezzato dei manga è che hanno un inizio e una conclusione che permette di scrivere la parola “fine” su una storia che appassiona, conquista e lascia un segno, nel bene o nel male, nel lettore.
Certo, poi si assiste anche a degli eccessi in cui i mangaka per poco non subiscono un tracollo nervoso per dover lavorare con ritmi forsennati e disumani, ma di questo semmai si parlerà in altra sede.
Non mancano certo casi poi di autori nel frattempo deceduti che non sono riusciti a completare le proprie opere (un Berserk a caso...).

Ora, in Italia a questo non siamo particolarmente abituati (vedere TexMartin MystereDylan Dog…), dato che solo raramente i fumetti vengono concepiti dai loro autori come destinati ad una conclusione effettiva o chiamati a mostrare una certa crescita ed evoluzione dei personaggi che sono e restano eroi o comunque abili in qualcosa, senza peraltro miglioramenti di sorta (nei casi già citati, Tex Willer ed i suoi pards, oppure l’Indagatore dell’incubo restano come “congelati” in un contesto atemporale che non ne esalta la crescita fisica, intellettuale o di “potere”, diciamo così, ma del resto li preserva dall’invecchiamento e dalla morte, dopo decenni di pubblicazioni a cadenza mensile); ad oggi, solo casi come Gea, Lilith (entrambi di Luca Enoch, autore anche del bellissimo Sprayliz; di Enoch ci siamo occupati quest'estate proprio a proposito del romanzo prequel Gea, che potete recuperare qui), Brandon e Magico Vento si sono proposti alla nostra attenzione in tal senso, mostrando uno sviluppo dei protagonisti ed una conclusione delle loro vicende: lo stesso Dragonero (anche qui c’è la zampina del buon Enoch),  era inizialmente concepito come un’opera a sé stante, destinata ad essere “di prova” ed ad un volume unico.
Dylan Dog è peraltro un caso strano, conoscendo ad oggi un duplice corso, la serie "classica" che è andata avanti ad un certo punto con dei cambi e modifiche importanti e una sorta di serie parallela, "Old Boy" in cui si presenta ancora il vecchio Dyd.

Laddove molti, se non tutti, i fumetti del panorama nostrano non obbediscono a queste “leggi naturali”, ecco che i manga abbracciano la tradizione di un inizio, una crescita ed una fine: di certo ne è un esempio una delle opere ispirate alla serie videoludica Dragon Quest, intitolato Dai No Daibouken, in Italia “Dai – La Grande Avventura” (54 albi, Star Comics), un fantasy di tipo eroico, distante da quello classico, improntato sul genere shonen, ossia destinato ad un pubblico maschile che apprezza la lotta, i combattimenti e le varie prove cui vengono sottoposti i protagonisti, in cui si mescolano le componenti classiche dei giochi di ruolo come le classi di personaggi (guerriero, mago, prode guerriero, chierico, saggio, eccetera) e l’esistenza di incantesimi che consumano lo “spirito” dell’incantatore di turno (mana o magic points, che dir si voglia), a quelle più tipiche dei manga d’azione alla Dragon Ball, ossia colpi d’energia, tecniche segrete e allenamenti per migliorare se stessi e le proprie capacità.

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L’accenno al manga di Goku è, peraltro, affatto casuale: i disegni dell’opera sono stati affidati ai disegnatori che compongono il famoso Bird Studio, ossia il team creato da Akira Toriyama, l’autore di Dottor Slump & Arale e, appunto, Dragon Ball; Toriyama, inoltre, ha anche partecipato al progetto, sebbene si sia focalizzato maggiormente sulla resa grafica dei mostri e delle creature che appaiono negli albi, cosa che del resto si sposava perfettamente col suo lavoro di concept artist della saga videoludica Dragon Quest, come già ricordato la scorsa settimana.
Parlando proprio di disegni, possiamo dire che il tratto pulito della linea, un segno preciso che però non va a detrimento della qualità grafica e dei particolari (lo stesso principio del compianto Charles Shultz e dei suoi Peanuts), accresce molto il senso di efficacia e immediatezza dell’immagine, e lascia parecchio spazio alle personalizzazioni dell’Autore, che si tratti dei personaggi oppure solo degli sfondi; non va nemmeno dimenticato l’impegno profuso nel rendere esplosioni, battaglie concitate e scambi di colpi credibili e visivamente d’impatto, cosa che richiede non poca esperienza nell’anatomia del corpo umano e nella trasposizione su carte delle movenze, quando si usa un tratto così tanto “semplice”; né si deve mancare di riscontrare quanto, con il prosieguo della pubblicazione, i disegni migliorino sensibilmente e qualitativamente, arricchendosi di dettagli e particolari, come testimoniato dalle immagini che trovate in questa pagina.

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-La Storia di Dai-

Di che cosa tratta, precisamente, questo manga di stampo fantasy? È presto detto.
Nell’isola sperduta di Delmulin, abitata soltanto da mostri e creature tradizionalmente malvagie (spiritelli, golem, slime, kimendoshi, animali crudeli, chimere, e simili), vive un bambino, rimasto orfano, cresciuto da suo nonno Brass, anch’egli un mostro (un kimendoshi per essere preciso, creature con una spiccata abilità magica) che però dona al bambino tutto il calore e l’affetto di una famiglia, intervallando ciò a cocenti rimproveri (e bastonate) per l’assenza di impegno nell’apprendere gli incantesimi da parte del ragazzo che, invece, desidera diventare un Prode Guerriero, ossia una sorta di mago guerriero dal carattere eroico (avete presente un Duskblade/Lama del Crepuscolo di D&D, presentata sul Player Handbook II? Ecco, siamo lì).
Ma come può un bambino umano vivere su un’isola abitata da mostri spietati? È semplice: molti anni prima della nostra storia, il Prode Guerriero sconfisse il capo dei mostri, il sovrano del mondo demoniaco, Satana Hadler, con l’aiuto della sua squadra di eroi; nel momento in cui Satana spirò, i mostri persero la loro indole malvagia e rimasero quali creature magari spaventose, ma libere di scegliere tra il bene ed il male: una parte di esse, che scelsero la via del bene e di una vita tranquilla lontana dalle guerre, si recò sull’isola di Delmulin, appunto; e fu lì che, un giorno, Brass trovò una cesta sulla spiaggia, al cui interno giaceva un infante avvolto da una coperta: Dai.
Il bambino venne cresciuto quindi lontano da ogni contatto con altri esseri umani, sviluppando un’innocenza e una purezza notevoli che, sommate al suo buon cuore e al carattere spontaneo ed allegro, lo hanno accompagnato per tutta la sua vita: sì, ricorda molto il Goku bambino cresciuto da Nonno Gohan tra le montagne, prima dell’incontro con Bulma, ed anche in questo caso c’è un parallelo evidente tra le storie, perchè un giorno, sull’isola Delmulin, sbarcherà la principessa Leona per poter compiere un rituale pericoloso in una grotta che, si dice, essere permeata da antiche forze spirituali. I pericoli cui ella verrà esposta saranno però tali da spingere Dai ad una lotta sanguinaria nel luogo che sentiva come una casa, e a dimostrare di possedere una virtù guerriera insospettabile allorchè uno strano marchio magico appare sulla sua fronte.

Sarà questa la prova che Dai non è un ragazzo come gli altri e che spingerà proprio la principessa ad inviargli un precettore perché lo addestri per diventare il Prode Guerriero che ha sempre sognato d’essere, perché il mondo non è al sicuro come si potrebbe pensare e presto accade quello che i più temevano: Satana Hadler non è morto veramente e sta per tornare con le sue legioni a conquistare il mondo stesso.

Riuscirà Dai ad apprendere dal suo maestro il più possibile prima che sia troppo tardi?
Inizia così la sua Grande Avventura che lo porterà a trovare nuovi alleati, stringere amicizie importanti, lottare per il futuro proprio e del mondo che ama… nonché, quasi superfluo dirlo, a fare i conti col proprio passato e con chi egli sia davvero.

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-Il gruppo di eroi (da gdr) di Dai-

Come in ogni gruppo di gioco di ruolo che si rispetti, Dai è un prode guerriero: sa usare bene la spada e imparerà anche ad utilizzare la magia, ma la sua forza marziale è destinata ad essere inferiore rispetto ad un guerriero “puro”, così come i suoi incantesimi non saranno potenti quanto quelli di un mago vero e proprio. Ecco perché ad accompagnarlo ci saranno ben presto altri personaggi, come Pop, un giovane e codardo mago (nella serie televisiva italiana, doppiato da Ivo de Palma – ossia Pegasus/Seiya de I Cavalieri dello Zodiaco), Maam, una guerriera chierica figlia d’arte (i suoi genitori erano compagni d’arme del Prode Guerriero che sconfisse Hadler) e via via altri personaggi, molti dei quali assolutamente inaspettati.
Così come accadeva nei giochi della serie Dragon Quest, si arriverà al punto in cui il team di personaggi sarà notevolmente vasto, e quindi così come nel gioco, anche nel manga molti personaggi si avvicenderanno nella storyline principale, alcuni scomparendo, altri tornando dopo diverso tempo sulla scena.
Non mancheranno occasioni di aggiornare il proprio equipaggiamento, apprendere nuovi incantesimi e compiere allenamenti che permettano un miglioramento delle proprie doti, nella più pura tradizione gdristica: acquistare armi ed armature, partire in cerca di un mitico fabbro, riparare un oggetto magico danneggiato, sono tutte cose all’ordine del giorno nell’avventura di Dai, il quale si attesta a protagonista vero e proprio, senza dubbio, dovendo però spartire la scena con un comprimario di tutto rispetto come il mago Pop, il cui carattere, il cui modo di fare, il cui essere stesso, saranno forse quelli che maggiormente si evolveranno e conquisteranno il cuore dei lettori.
I rimandi ai giochi di ruolo, anche solo videoludici, saranno ancora più evidenti a mano a mano che, negli albi, spesso ci si imbatterà in vere e proprie schede dei personaggi con statistiche, valori di attacco fisico e magico, valori di difesa, punti magia e punti ferita, nonché riassunto delle tecniche conosciute, degli incantesimi appresi e così via.

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– Il Fantasy di Dai- 

La componente fantastica e di roleplay di Dragon Quest Dai è parecchio evidente: non solo passiamo da atmosfere da cappa e spada a scontri magici violenti, ma ci confrontiamo con la classica storia, propria delle avventure fantasy, che vede il protagonista sviluppare le proprie abilità “a tappe”, per così dire, migliorando di volta in volta perché supera avversari apparentemente imbattibili; in questo, anche il potenziare il proprio equipaggiamento di cui diceva più in alto è una importante componente, senza dimenticare la cosa più importante di tutte: credere nelle proprie capacità, spingersi al limite e cercare la vittoria, per se stessi, per coloro che si vuole proteggere e che si ama.
Non mancano anche un paio di sottotrame amorose tutto sommato godibili e mai ingombranti, che manterranno le aspettative fino all’ultima pagina e che riusciranno, probabilmente, a non scontentare nessuno: come si diceva, i personaggi hanno una propria identità ben precisa, molteplici sfumature e persino gli avversari, quelli che è possibile detestare con facilità, otterranno un posto importante nel cuore dei lettori fino a saper commuovere al momento della loro dipartita (non tutti, ovvio!).
A tutto questo si vanno a sommare i soliti clichè come la principessa in pericolo, il mondo da salvare, una spada mitica, incantesimi o tecniche (di spada o di lotta) proibite: scrivo "clichè" in senso buono, dato che sono pur sempre dei luoghi comuni che chi ama il fantasy non può detestare.
Riguardo ciò, una doverosa precisazione: gli incantesimi vengono presentati con nomi all’apparenza strani e che, stando a quanto ci risulta, non hanno alcun significato preciso nemmeno in giapponese:  vengono ordinati per “generi”, quali quello del fuoco (Mera, Merami, Merazoma), ghiaccio (Hyado, Hyadain, Hyadarko, Mahyado), raggio termico (Gira, Vegirama, Vegiragon), elettricità (Raiden, Gigadein, Minadin) e tanti altri, sempre in ordine di potenza (non mancano incantesimi di resurrezione, cura, disintossicazione dai veleni, esplosione eccetera) ma per fortuna ci sono numerosi “prontuari” che spiegano e riassumono tali formule magiche, così da permettere al lettore di familiarizzare con le stesse ed avere, una volta di più, il riscontro effettivo del potere raggiunto dai personaggi quando essi giungono a cimentarsi con formule, in precedenza, di livello “troppo alto” fino a quel momento.

Va detto che la conoscenza di queste formule da parte del lettore è una componente imprescindibile per chiunque giunga a confrontarsi con un'altra opera della serie Dragon Quest (L’Emblema di Roto) che sta vivendo una nuova giovinezza grazie ad una nuova edizione.

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-Trasposizione italiana-

In Italia, il manga è stato pubblicato tra il 1997 ed il 2002 ad opera della già citata Star Comics, ottenendo un buon successo tra il pubblico da pochissimo orfano di Dragon Ball, che si era concluso il mese precedente.
La trasposizione è stata ben curata, a parte alcuni refusi da parte dei traduttori che solo talvolta hanno fatto qualche piccolo errore di traslitterazione oppure hanno tradotto con leggera approssimazione tre o quattro frasi in tutta l’opera, il che è in effetti una cosa di poco conto, tenendo conto che comunque non c’era nulla di particolarmente incomprensibile; allo stesso modo è accaduto che alcuni nomi vedessero in un albo o due una variazione dalla “R” alla “L” e dalla “G” alla “K”, anche se non è dato sapere se ciò sia dovuto ad un errore da parte dei traduttori ricorrente fin dall’inizio oppure verificatosi soltanto dopo. L’opera mantiene un ottimo livello e i dialoghi aggiungono completezza alla mimica ed alla espressività dei personaggi.
Molto più severo deve essere il giudizio circa la prima trasposizione animata dei lontani anni 2000: in primis, Dragon Quest Dai è stato trasposto sullo schermo in soli 46 episodi anche in patria, i quali sì e no coprono un terzo dell’opera cartacea; non è noto come mai non siano stati realizzati altri episodi, specie perché proprio a partire da quel momento la trama acquistava mordente, gli scontri diventavano appassionanti e i personaggi si avvicendavano con nuovi potenti avversari. In questo, siamo gemellati con Francia e Spagna, le nazioni dove gli anime ottengono maggiore successo, insieme al Brasile.
Le note stonate giungono invece con gli adattamenti , curati da Mediaset ad minchiam, a dire poco: a parte aver stravolto quasi tutti i nomi (Dai= Tom, Pop= Daniel, Maam=Mara, Leona= Lylibeth e moltissimi altri), il nome dei colpi segreti, degli incantesimi e, più in generale, di tutte le componenti fantasy è stato parecchio stravolto.
Era lecito aspettarsi che l’epoca delle italianizzazioni fosse finita, ma evidentemente la nostra era una pia illusione.

-Giudizio Complessivo-

Si tratta di una bellissima opera, non si fosse inteso: nonostante i primi albi vantassero un ritmo alto, non riuscivano del tutto a catturare l’attenzione e permaneva un senso di scarno attaccamento alle vicende ed ai personaggi raccontati visto che lo stile grafico e l'umorismo tipico di certe soluzioni mitigavano un po' il pathos.

Tuttavia, a partire dal 10°, 12° volumetto le cose cambiano sensibilmente e il tutto migliora parecchio, al punto da diventare un appuntamento imperdibile in edicola.
La Grande Avventura di Dai rappresenta decisamente un'opera meritevole ed interessante e, cosa più importante, facilmente in grado ad oggi di essere recuperata.

La prossima settimana ci occuperemo dell'anime e, cosa più importante, del nuovo gioco rilasciato per smartphone:  Dragon Quest The Adventure of Dai: A Hero’s Bond per Android e IoS

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