Erano gli anni ’90: un gruppo di individui composto da personalità brillanti e capaci (Spartaco Albertarelli, Paolo Parente e Nick Gandolfi) che in tanti, ancora oggi, ringraziano, decise di dare voce ad un progetto, quello di un GDR tutto italiano, che mescolasse i tratti migliori dei roleplaying in circolazione, ovvero Dungeons & Dragons, Girsa (Gioco di Ruolo del Signore degli Anelli, noto anche come MERP– Middle Earth Role Playing), Vampiri e Il richiamo di Cthulhu.
Nacque così Druid, pubblicato nel 1993: e un po’ si piange di commozione, via.
Druid era fondamentalmente un gioco di ruolo che aveva dalla sua un’ ambientazione originale, un sistema di gioco molto ben calibrato e soprattutto, idee fresche e nuove, di quelle di cui oggi sentiamo disperatamente il bisogno, presi come siamo tra millemila manuali o moduli che hanno una grafica affascinante e piacevole ma spesso sono sprovvisti proprio di un’anima.
C’è da dire che all’epoca ogni gioco che veniva lanciato sul mercato era innovativo e rivoluzionario, da Martelli da Guerra a Lex Arcana: eppure Druid aveva dei tratti distintivi che lo rendevano unico nel suo genere e ci permettono di ricordarlo come una pietra miliare ancora oggi, nonché di sperare di procurarci una copia del materiale pubblicato, se non fosse già nella nostra disponibilità… e magari, un giorno, sperare che il gioco torni ad essere messo in circolazione, foss’anche con una veste (o un nome) differenti, ma conservando inalterati l’ambientazione, le meccaniche, i tratti distintivi.
Spartaco Albertarelli (qui la sua pagina facebook), noi il sasso l’abbiamo lanciato, ora vedi un po’ tu.
Il fantasy cui Druid appartiene è quello tipico dell’epoca, con una particolare attenzione a diversi elementi, tra cui l’accostamento delle professioni a specifiche razze o al possesso di determinati punteggi minimi alle Caratteristiche (di cui parleremo a breve).
Ma cosa aveva di speciale questo gioco che, peraltro, venne presentato in un elegante formato in scatola, sulla falsariga di D&D Scatola Rossa? Andiamolo a ri-scoprire assieme.
L’Ambientazione
L’ambientazione è quella di un continente, l’Annwyn, che mescola atmosfere tipicamente fantasy a quelle celtiche proprie della Britannia, che rappresentano un connotato di grande originalità; la forma e la disposizione delle terre attuali è il risultato di un grande cataclisma consumatosi molti, molti anni prima, un diluvio e una Grande Onda di biblica memoria che ha spazzato via la vita, le città, i territori: una devastazione scatenata dagli Dei, adirati verso Coloro ai quali era stato affidato il compito di preservare l’equilibrio e la vita e che, ad un certo punto, avevano tradito gli obblighi verso la Creazione, iniziando a litigare e combattere fra di loro: gli Antichi Druidi. Gli Antichi Druidi avevano ricevuto il compito di vigilare sulla Creazione, di aiutarla a migliorare ed evolversi in armonia, finchè una frangia di Druidi orgogliosi e temerari prese a cercare di stravolgere la Creazione, andando contro i voleri degli Dei per sperimentare nuove forme di vita, alcune grandiose, altre terribili e mostruose.
Fu questa ribellione scatenata dai Druidi ribelli (i Derwydd) a portare al conflitto con i Druidi ancora fedeli agli dei e a devastare il mondo infliggendo ferite profonde e lente da guarire, finchè non intervennero gli stessi dei a porvi fine con la Grande Onda, che travolse ogni cosa: i Derwydd furono sconfitti e relegati nel Limbo, bloccati da catene di ferro e fuoco, impossibilitati a tornare sul Piano Materiale, mentre gli Antichi Druidi si estinsero quasi del tutto, salvo uno solo, Nehwyn, Colui Che è Tutti e Nessuno, l’Ultimo della sua Casta.
Dalla devastazione sorsero nuove terre, molte razze e stirpi si estinsero, altre presero il loro posto: pian piano la vita tornò nell’Annwyn, e l’Annwyn tornò alla vita.
Bastano queste tematiche, che richiamano alla mente le atmosfere tipiche del Silmarillion di Tolkien (basta sostituire gli Antichi Druidi con i Valar) per capire che il gioco si regge su solide basi a livello di storia e composizione degli elementi, e per coglierne le sfumature più intense di una realtà che il Master deve dipingere con attenzione e cura ai suoi Giocatori; i nomi e le atmosfere che si respirano sono, peraltro, quelle di tenore celtico come, appunto, Annwyn, Nemethon, Mabon, Gae Bolg e tanti altri.
Le razze giocabili sono quelle tipiche del fantasy base, ossia umani, elfi, halfling e nani, chiamati a muoversi in un mondo nel quale non v’è alcun aspetto tecnologico degno di rilievo (diciamo si tratta di Medioevo pieno), mentre i Personaggi Giocanti, appartenenti ad una di queste razze, scopriranno ben presto d’essere dei Predestinati, in quanto latori dell’Antico Potere di cui erano depositari i Druidi e, per questo, chiamati a raccogliersi attorno a Nehwyn, l’Ultimo Druido.
Si può dunque dire che i Personaggi, sebbene ciascuno di essi ha dovuto intraprendere una professione per sopravvivere nella vita quotidiana, ad un certo punto realizzerà di essere un novello Druido, per quanto molto, molto inesperto, e dovrà rispondere a questa Chiamata affidandosi alla guida di Nehwyn: la prima avventura, un modulo chiamato Il Cerchio di Funghi e contenuto nella scatola base, funge proprio da collante in questo senso e permette al Master di introdurre gradualmente i giocatori nell’ ambientazione, senza utilizzare peraltro le tipiche forzature di quando si cerca di creare, ad inizio campagna, un gruppo di avventurieri senza nulla in comune, per la serie, “ok, facciamo gruppo visto che sono i nostri personaggi”.
In Druid questo non c’è e l’introduzione è molto garbata e ponderata, rendendo l’avventura base estremamente importante e al contempo evocativa.
eccovi lo splendido screen del master
Meccaniche di Gioco
Il sistema è, fondamentalmente, un d100 system che è particolarmente caro allo scrivente, dato che permette una assai più vasta gamma di risultati rispetto al d20 system.
Le prove di abilità si basano su un tiro aperto (anche se i tiri 01-04 o 96-100 risultano tiri non modificabili che si traducono in un esito particolarmente disastroso o eccezionalmente buono, a differenza di quanto accade in Girsa) che prevede di sommare l’Abilità di turno alla caratteristica di riferimento: per fare un esempio, una prova di conoscenza richiederebbe sommare il tiro di dado al punteggio di Intelligenza (una caratteristica base) e quello di Geografia, oppure Storia; una prova tesa a mercanteggiare richiederebbe il tiro di d100 a cui sommare il bonus di Carisma (un’altra caratteristica base) ed il punteggio di Contrattare.
Una piacevole innovazione, che richiama moltissimo il sistema Rolemaster che ne usa undici e del quale quello di Girsa è una semplificazione, dato che ne impiega sette, è l’uso di ben dieci caratteristiche base per simulare appieno la gamma di valori che racchiudono l’essenza del personaggio: Forza, Agilità, Riflessi, Destrezza, Intelligenza, Memoria, Freddezza, Sensibilità, Carisma e Osservazione. Queste garantiscono un più alto livello di personalizzazione, non solo verso specifiche prove che necessitano di determinate sfumature da parte del DM e che di solito altri giochi ignorano o approfondiscono poco (esempio, odorare è di base una prova di Sensibilità, mentre in D&D III edizione, si deve racchiudere tutte le prove tattili in una generica prova di Saggezza, che era una cosa che lascia il tempo che trova), ma anche verso la possibilità di creare personaggi maggiormente rivolti verso certi tipi di professioni (e, con il tempo, l’uso di certi Poteri piuttosto che altri): non ultima, infine, la scelta particolarmente apprezzabile e decisamente più unica che rara, di determinare un punteggio massimo che un personaggio può raggiungere in una certa caratteristica, in base alla razza ed al sesso: così, un personaggio umano può essere più forte di un elfo (e, questo, di riflesso può essere, per esempio, più agile) ma una donna umana è meno forte (potenzialmente) di un maschio della stessa razza, recuperando magari sotto il profilo dei Riflessi o della Sensibilità.
Se ancora non vi siete fiondati in rete a cercare qualcuno che possa vendervi questo gioco, lasciando perdere la lettura di questo articolo, vuol dire non ne avete ancora afferrato la bellezza e la completezza.
una delle bellissime illustrazioni di P.Parente
Per quanti sono, dunque, ancora indecisi, proseguiamo.
Le Abilità sono parecchie e si suddividono in Abilità Innate, Abilità Pratiche e Abilità di Conoscenza: di solito un personaggio inizia con una abilità per tipo (una Innata, una Pratica ed una di Conoscenza), il che permette anche a classi di solito “forti ed ignoranti”, come il tipico Guerriero di D&D, di avere qualche competenza di natura culturale; ad esse si aggiungono quelle che vengono concesse dalla razza e dalla professione prescelte, alcune delle quali sono esclusive, come l’abilità di alcuni Nani di “parlare” con le pietre, ossia cogliere quelle sfumature emozionali tali per cui capire se una pietra “è soddisfatta” di trovarsi in una certa posizione o se abbia registrato sentimenti quali paura o disagio, sempre chiaramente visti nell’ottica di una pietra; lo stesso dicasi per una similare capacità degli elfi di parlare con le piante.
Un guerriero elfico potrebbe, quindi, essere capace di parlare con un albero o un fiore? Si, certo.
Druidi di D&D, fatevi da parte, per favore.
Quante volte è capitato che, in D&D, si volesse che il proprio nano chierico, solo per una questione di “realismo e coerenza”, potesse dire la propria mentre il gruppo era sottoterra, magari individuando una zona che comportasse un pericolo di crollo eppure non poteva farlo perché non possedeva quella stramaledetta abilità (incrociata, salvo casi particolari) di Conoscenze (Dungeon)?
Ecco, ora questo rischio non c’è in Druid e largo alla verosimiglianza e ad un gioco più conforme alla tradizione del fantasy da romanzo: non è che ci volesse molto, ma evidentemente alla Wizard non ci arrivano anche oggi, dopo più di vent’anni.
Poi si dice che noi in Italia non siamo all’avanguardia.
A questo proposito, forse si può far presente che sarebbe stato opportuno ideare sulla carta molte abilità in più con cui personalizzare i propri personaggi, dato che c’è spesso il rischio di ritrovarsi con un’abilità, magari data dalla professione, che risulti “un doppione”, perché la stessa è stata già assegnata in seno alla creazione oppure per la razza.
E’ facile che un personaggio elfo ottenga l’abilità innata di Fascino (che, alleluia, è indice ulteriore del fatto che il carisma NON E’ la bellezza fisica di una persona, spieghiamolo ancora una volta), ma c’è sempre il rischio di tirare nuovamente la stessa abilità tra le tre abilità casuali in fase di creazione. Non mancano consigli nello stesso manuale su come gestire queste situazioni ma, a voler proprio rompere le scatole agli autori, sarebbe stata un’ottima cosa aggiungere altre tre o quattro abilità per tipo.
Una menzione speciale meritano i Poteri, che però saranno affrontati nel prossimo articolo, assieme alle meccaniche legate al combattimento.
Un’altra peculiarità di Druid era data dal fatto che le Professioni selezionabili erano molto semplici, realistiche, e abbastanza lontane da quelle classiche: largo quindi al Cacciatore (di professione o errante), al Combattente (di professione o mercenario), l’Erborista, il Fuorilegge, il Marinaio, l’Artigiano (armaiolo, carpentiere o gioielliere), il Saltimbanco ed il Bardo.
Queste professioni, rispetto alle Classi a cui siamo abituati, non hanno nulla di magico e sono quindi molto “realistiche”, dato che concedono privilegi veri e concreti: non c’è spazio per un chierico o un mago in una ambientazione verosimile, che si colorerà di fantasy solo quando i giocatori conosceranno il risveglio del proprio Potere.
Le Professioni di Druid peraltro rispondevano ai dettami propri anche di altri gdr dell’epoca, ossia consentirne l’accesso solo se si rispettavano certi punteggi o si apparteneva (o, meglio, NON si apparteneva) a certe razze: ad esempio, i Marinai possono essere soltanto umani, rendendola una professione eccezionalmente esclusiva.
La seconda cosa, anche questa quasi unica nel suo genere, è data dal fatto che i personaggi non sono immortali: in particolare, hanno un ammontare di Punti di Vitalità (i canonici PF) e di Punti Resistenza (che simulano l’affaticamento del personaggio, grande idea!!) che è pari a 20 unità: paradossalmente, a furia di combattere e di usare i Poteri (si ripete, ce ne occuperemo la prossima la prossima volta), è facile che questi punti decrescano anche permanentemente: ecco quindi l’idea di creare personaggi che siano si, grandi eroi, capaci e destinati a grandi gesta ma anche non eterni, perché chiamati tanto a soggiacere ai rigori del tempo che scorre, quanto a provare sulla propria pelle i postumi delle battaglie e di un costante ab-uso delle proprie forze che li porteranno, prima o poi, verso il decadimento e la morte.
Siamo lontani dalla mortalità di sistemi come Cthulhu, Girsa e Rolemaster, ma Druid è un’ottima via di mezzo rispetto a controparti ludiche in cui i personaggi, paradossalmente, più prendono mazzate e vengono feriti fin quasi alla morte e più, stranamente, divengono robusti (D&D su tutti).
La sindrome dei Saiyan, in pratica, rapportata ai personaggi giocanti.
Un’ultima precisazione verte sui Punti Esperienza: essi possono venir spesi (un po’ come Vampiri) per migliorare le proprie Abilità e i propri Poteri, ma anche (e questo è il bello) nel bel mezzo di una battaglia, per bilanciare “con esperienza”, è il caso di dirlo, l’attacco diretto ai propri danni riuscendo in una parata di puro istinto e spettacolare, all’ultimo secondo.
Nel successivo post vedremo assieme quali siano le peculiarità legate al combattimento ed all’uso dei Poteri che i giocatori che impersonano questi novelli Druidi potranno sfruttare.
NB l'articolo originale è stato da me pubblicato qui per chi fosse interessato
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