giovedì 27 febbraio 2020

Vistoieri: Absolon (2003) con Christopher Lambert, Kelly Brook, Ron Perlman e Roberta Angelica


E' sempre brutto quando si assiste ad un film in cui c'è Kelly Brooks e questa non si spogl... ah, siamo in linea? Siamo collegati?
Ehm.
Buongiorno, buon pomeriggio e buona sera.
Stavo dicendo che è sempre sgradevole quando bravi attori vengono sprecati in ruoli che non si confanno al loro talento. Si.

Vabbè torniamo seri.
Se la locandina vi ricorda qualcosa è solo perchè siete malpensanti.



Absolon, film di fantascienza, fantapolitica, a tempo perso thriller e distopico. 
Per inciso, va detto che la fantascienza è quella di domani, quindi niente auto volanti, armi futuristiche e la distopia, per modo di dire, riguarda solo il fatto che il Pianeta Terra è stato pervaso da un virus di qualche genere che ha spazzato via miliardi di persone e che ha infettato tutti i restanti: coloro che sopravvivono devono per forza assumere un farmaco, l'Absolon appunto, che evita il decorso rapido della malattia e la conseguente morte. C'è, come ovviamente è consuetudine, la solita Compagnia Farmaceutica di turno ammanigliata con il Governo al punto che pare essere un tutt'uno (qualcuno ha detto V for Vendetta?), ci sono i soliti interessi economici in gioco, c'è chi vuole guarire l'Umanità dalla schiavitù di dover dipendere da questa medicina per resistere al virus, al punto che diventa quasi la cura ad essere oggetto di dipendenza, c'è Christopher Lambert nel ruolo del solito poliziotto incorruttibile e c'è Kelly Brooks che risulta la classica scienziata intelligente ma truccata e perfetta, a cui per apparire intellettuale è sufficiente dare un paio di occhiali.


E che le vai a dire ad una così? Niente.


C'è anche Perlman nel ruolo di Perlman nel 99% dei film con Perlman, con l'unica eccezione di Hellboy e c'è una tale Roberta Angelica, tizia misconosciuta anch'essa maggiorata che ha partecipato  ad Urban LegendJill Rips - Indagine a luci rossee ad un episodio di Relic Hunter (alla faccia!), nel ruolo dell'assistente di Lambert mascolina e cazzuta.

Premesse non originali, pur con un paio di spunti interessanti, per un film low budget come tante produzioni che hanno visto nel corso degli anni la partecipazione di Lambert e lo stesso Perlman, Absolon si muove prevedibile come un tram sui binari urbani e a tratti forzato come un videogioco o un'avventura grafica degli anni 2000 in cui si procede per step per scoprire le varie fasi della storia.
Le scene d'azione ed un paio di inseguimenti non sono nemmeno da buttare e si respira un taglio simile a Nirvana, Matrix e Blade Runner per quanto gli effetti speciali nemmeno ci siano e, come si diceva, la fantascienza e la distopia siano solo nella narrazione ma non certo nelle scenografie o nei paesaggi, ad eccezione dei soliti borghi simil abbandonati di tutte le produzioni di questo genere, dove "distopico" o "postapocalittico" di solito significano due centri urbani abbandonati con muri mezzi crollati e gente povera in giro con spazzatura e brutte facce.


Allora ditelo che lo fate apposta a copi...citare. Volevo dire, citare.


Per quanto il film in sè abbia anche i suoi momenti, come si diceva, non ha praticamente nulla della fantascienza, e a tratti la semplicità della trama e l'assenza di sorprese, utili a seguire il film mentre si sta facendo altro, tipo mangiare, giocare, leggere o lavorare, possono però scoraggiare chi non ama il genere e pretende film di una certa caratura.
Costato circa 8 milioni di dollari, che però nel linguaggio di Hollywood vuol dire stuzzichini e un paio di pizzette offerte alla troupe, questa produzione canadese-statunitense ne ha guadagnati...7 mila. Non milioni. Dollari. Settemila dollari di guadagno. 

Non  so quanto attendibili siano questi dati ma in ogni caso dubito che si discostino molto dalla verità. E per chi magari ama il trash possono essere biglietto da visita per prenotare almeno una visione.

Roberta Angelica: il suo personaggio ricorda uno simile in NCIS. E altri 200.

A questo proposito, difficile dire se sia un film da raccomandare di guardare almeno una volta: come intrattenimento o sottofondo per quando si fa altro al computer, può andare bene, idem quando si mette su una maratona di film per capire cosa, nella carriera di Christopher Lambert, sia andato storto: può essere che lo stesso Sean Connery, che ha avuto una serie di traversie imbarazzanti per le produzioni a cui ha aderito (Dragon Heart, Entrapment, The Agengers) e a cui ha preferito non partecipare (La trilogia di P. Jackson de Il Signore degli Anelli come Gandalf, Matrix come Morpheus, i film della Marvel), gli abbia portato sfiga, o Lambert ne abbia portata a Connery o, in generale, 50% di colpa ad entrambi.
Giusto per rivitalizzare, un paio di foto della Brooks e di Angelica da altri set e film: giusto per rifarsi gli occhi, dato che dopo la visione di Absolon, un minimo di contentino ce lo meritiamo.






lunedì 24 febbraio 2020

Vistoieri: 21-12-2012 La profezia dei Maya di Jason Bourque con A.J. Buckley, J. Staite, A. Dale, B. Ramsay, R. Ravanello



A volte mi chiedo che problema io abbia: a parte l'insonnia, il lavoro, gusti orridi e quant'altro. 
Oltre a Sofì e Luì che praticamente vivono a casa mia, si intende.
No, a parte questo, perchè.
Perchè diamine vado a recuperare film che definirli B movie sarebbe pure un complimento, al confronto dei quali quelli dell'Asylum sono oramai film d'autore, con stuolo di proseliti dietro che nemmeno Fellini?

I due protagonisti del, scusate la volgarità, film.



Forse perchè in tutti i film c'è sempre un'idea: brutta, riciclata, vista già ai tempi di Neanderthal, datata più dell'Odissea stessa.
E quindi le idee meritano sempre una chance.
Ovviamente, poi, ti scontri con la realtà di un film che è stato girato in 15 giorni, 15 giorni, 15 giorni, 15 giorni, scusate, nemmeno il pc lo accett15 giorni!!!!
Ed allora che pretendi.
Leggendo in giro ho scoperto che è stato in produzione tra il 4 ed il 19 maggio del 2010.
15 giorni!!
Come diamine si faccia a girare un film in 15 giorni, onestamente, non ho idea: posso provare anche una sorta di malata ammirazione verso gente del genere che riesce poi pure a vendere il proprio prodotto e, magari, a tirare su soldi.



Passo indietro, serio.
Di film catastrofici sul 2012 ne sono usciti a chili: letteralmente.
Da quelli con budget faraonici come l'omonimo "2012" con John Cusack che è attore che sopporto quanto un prurito sotto la pianta del piede, aiutato poi in italiano da un doppiaggio fastidiosissimo da parte di Oreste Baldini che riesce, senza offesa, a fartelo proprio odiare, a quelli girati con l'equivalente di un piatto di lenticchie e due ravanelli, in cui le scene di distruzione le ottieni scuotendo la telecamera per far vedere che c'è un terremoto.



E poi ci sono quelli come questo film di fascia intermediabassa che hanno effetti speciali terribili e sembrano anche volerci provare con una trama incasinata in cui si mescolano un buco nero galattico che sta per distruggere la Terra, una verga mistica, le teste Mohai, la costellazione del Cane Maggiore (!!!) ed un sistema di difesa globale inventato dai Maya attingendo a ...bho.

A questo punto mi ero già perso e ci avevo rinunciato a capirci qualcosa.




Che poi, voglio dire, ok non giudicare un libro dalla copertina, ma persino la locandina ha un che di riciclato assurdo. Per fortuna la trama spazzerà via questi dubbi dato raramente ho visto qualcosa di così fuori di testa ed assolutamente "originale".
Giustamente Amazon Prime Video non poteva non indicarmelo tra i suggeriti, questa perla di film.


TRAMA


Di che parla la, perdonate il termine, trama di questo film?
Attingendo a quelle che sono le reali credenze Maya, circa "l'occhio del Dio Celeste", l'allineamento cosmico di pianeti verso il centro della galassia verificatosi in coincidenza con il 21 dicembre 2012, il film immagina un buco nero mobile che si sta dirigendo verso la terra ingoiando pianeti e provocando sconvolgimenti globali tra cui terremoti che radono al suolo intere porzioni della Terra.

Ora, anche il più fanatico di questi film potrebbe obiettare che una cosa simile non è credibile nemmeno a sforzarcisi perchè se queste sono le catastrofi che si verificano a debita distanza di miliardi di anni luce, quando il buco nero arriva ad essere visibile dalla Terra minimo questa non doveva esserci nemmeno più, altro che intervenire per salvarla.
Ma vabbè, quello è il meno...circa.

L'infinitamente più figa locandina originale. 

Fa sempre piacere quando un film butta dentro settanta sottotrame differenti atte solo a presentare "il carattere" dei personaggi e poi se ne scorda quando crede che il pubblico sia oramai in confidenza con essi.

In ogni caso, guidati da una verga di metallo che nessuno sa riconoscere sulla Terra e che è in grado di donare una Seconda Vista, l'arte delle profezie, un tizio a caso di una casa editrice ed una paleontologa fastidiosa ed irritante arriveranno a scoprire che i Maya hanno creato delle teste mohai in perfetto allineamento con le stelle del Cane Maggiore e che attingendo a energie non meglio chiarite funzioneranno come sistema di difesa globale, distruggendo il malvagio buco nero.
Basta.


Questo è tutto il film: con un Alan Dale che si ricicla nella parte del cattivo - sul serio, serve il cattivo in un film del genere? Non bastano le catastrofi ed il buco nero? - dopo una carriera tra film horror e Lost e attori sui quali non mi dilungo, il film tuttavia non è recitato male.
E' il classico film sopra le righe che è lecito aspettarsi.

Immagino ci sia un pubblico affezionato per questa tipologia di film fantascienza/action vista la quantità assurda di titoli che ci sono con le medesime caratteristiche, specie recitative e di effetti speciali degni di qualche videogioco nonostante ci siano stati e ci siano ancora oggi persone che nella propria stanza, con un budget di nemmeno 10.000 $ riescono a tirare fuori cose pazzesche che nemmeno i cineasti ad Hollywood.

Si, è una scena del film. No, non è figa come sembra.

Eppure, come ho scritto, ammiro anche questo genere di cinema: non hai idee, non hai budget, non hai tempo, non hai... eppure riesci a fare un film. E riesci ad avere anche un seguito, per il tuo o i tuoi film: ed allora, alle volte, mi chiedo che cosa potrebbero fare persone tanto volenterose se, una volta tanto, si potessero cimentare con un budget davvero degno di questo nome.





Poi mi ricordo che certe domande non devo mai farmele.

venerdì 7 febbraio 2020

Perchè "Tolo Tolo" di Zalone è un grande bluff, anche se primo incasso della storia del cinema italiano (per il primo giorno)



Qualche tempo addietro, in questo articolo, avevo trattato la questione dell'allora prossima uscita del film di Checco Zalone, "Tolo Tolo" (qui le impressioni a caldo) lanciato con abilissima mossa di mercato tramite il video-traino musicale "Immigrato". 
In quella sede si accennava già alle prime polemiche che il video aveva suscitato, sinceramente apparse molto fuori contesto e anche un po' sciocche, a dimostrazione che sempre meno persone sanno trarre una cosa nel giusto contesto, guardandola in chiave oggettiva ma anche, appunto, contestuale.
Ora, se le critiche a Zalone circa l'essere un fautore di "porti chiusi" e di "aiutiamoli a casa loro" erano apparse davvero stupide, persino da parte di associazioni umanitarie che, appunto, sono composte da persone e non tutte sono sveglie, dall'altra era apparsa anche eccessiva la levata di scudi di chi invece eleggeva Luca Pasquale Medici - questo il suo nome - a simbolo della difesa dei diritti umani, "porti aperti" e fautore dell'immigrazione.
E, in questa paradossale dicotomia, c'è l'effettivo problema del cinema di Zalone, da ben pochi ravvisato- come ne parlo e ne parlo, moltissimi, specie qui in Puglia, lo adorano- che ora alla sua prima prova come regista, rischia di diventare finalmente palese: essere, bonariamente lo dico, un tipo di cinema paraculo. Efficace, ma paraculo: chiamiamolo però "formula Zalone".



Facendo una doverosa premessa ed un altrettanto necessario coming out, non ho mai apprezzato troppo i film di Zalone. 
Il suo giocare molto, forse troppo, sullo stereotipo di cui è portatore l'ha sicuramente consacrato come espressione di un certo tipo di cinema, confortante, "sicuro", piacevole e senza troppi pensieri (questa è la frase portante).
Un po' l'Aldo Baglio di Aldo Giovanni e Giacomo, un meridionale molto ignorante ma buono di cuore che trova sempre la strada alla fine, nella più confortante tradizione della commedia napoletana; un po' il Troisi di Puglia - si, è paragone per il quale mi vergogno, ma è per rendere l'idea - con un accento marcato, il personaggio tipico di Checco Zalone è oramai riconoscibile nelle sue varie incarnazioni: un personaggio nel quale però l'attore rischia di rimanere invischiato e incapace di uscire.
E già questo è un problema ma, a ben guardare, forse il minore.

Il secondo punto, quello per il quale non amo troppo i suoi film pur gustandomeli occasionalmente e trovandomi anche a ridere parecchio di alcune situazioni, battute e circostanze, è che il suo cinema è troppo legato alla sua, nostra, terra: per quanto certune vicende siano universali, è palese che chi è un pugliese soprattutto, o un meridionale in genere, rida, e si riconosca, maggiormente in esse rispetto una persona del nord Italia: e se questo è poco problematico se ti chiami, appunto, Massimo Troisi e hai con te Decaro e Arena, questa cosa invece diventa un filo più pericolosa a lungo andare perchè è un attimo a diventare esponente di un certo cinema di nicchia.
Tirando giù illustri esempi, Aldo Giovanni e Giacomo funzionavano perchè erano un trio, e per quanto rappresentassero un certo genere di stereotipo, pure erano persone che portavano sullo schermo una comicità genuina e riconoscibile in chiave grossomodo universale: AG&G funzionavano perchè tutte le cose che loro vivevano, erano distinguibili e riconoscibili in quanto capitavamo anche a noi, mostrando, più che rappresentando, i nostri problemi, gli amici, i casini, gli equivoci occasionali.
Con Zalone si ridacchia, ma certe cose se sei di Milano o Bergamo, semplicemente, non le capisci e non te le godi perchè egli tesse la sua comicità a doppio filo con la sua, nostra, terra.

Il terzo e più problematico dei punti è che la sua comicità è molto superficiale: è quella semplice semplice, confortante come ho scritto più in alto, quella che comunque si riesce a seguire in buona parte, che sembra sempre voler dar qualcosa in più senza potere, o possa senza volere. Una comicità spicciola, a buon mercato, che ti lascia le stesse sensazioni di quando magari da piccoli si giocava con qualcosa di poco impegnativo, tipo i soldatini di plastica, ma dove si perdevano le ore: ed un domani ti ricordi che era bello fare quel gioco, pur se non capisci perchè accidenti lo trovassi divertente o piacevole o ci dedicassi interi pomeriggi.
Ecco, la comicità di Zalone funziona così: non richiede impegno, non ha pretese, è un po' il Big Mac di McDonald che ti attira, ti soddisfa al momento e non ti sazia troppo pur lasciandoti un buon sapore; e magari per un po' non ne vuoi altra, perchè "basta così, grazie, però mi ricordo che mi è piaciuto, magari ne comprerò un altro tra un po' di tempo; si, non fa nulla, basta così per adesso."






Sarebbe tuttavia un errore enorme pensare la comicità di Zalone sia casuale o frutto di coincidenze: nulla è anzi lasciato al caso, perchè anche la semplicità richiede impegno, soprattutto quando devi parlare a tutti e devi riuscire, come di fatto riesci, a portare al cinema tutti, anche coloro che ne sono fruitori occasionali e che magari non alzerebbero il sedere nemmeno per vedersi un 50 Sfumature od un Transformers, per quanto massivi, o un film degli Avengersma un confortante Tolo Tolo si.
Checco Zalone è intelligente, null'affatto uno sprovveduto, anzi ha saputo leggere gli orientamenti del pubblico, proprio e non, ed è riuscito a sfruttare il tutto a livello programmatico ed efficace in questa formula.
Lo stesso video "Immigrato" è una genialata a livello di marketing.

E non c'è nulla di male a ridere "semplicemente", e a cercare qualcosa di familiare e confortante nel cinema: diamine, per decenni ci hanno ammorbato i Cinepanettoni con volgarità graduite, tradimenti, sederi al vento, rutti e altre amenità, un simile trapasso è solo positivo.

Questo lo preciso perchè non sono un detrattore di Checco Zalone: come scritto, ho apprezzato i suoi film pur senza ammazzarmi dalle risate. 
Ma, alt, appunto.

Tolo Tolo.


Una scena di Tolo Tolo di Checco Zalone (foto M.Raspante)

E' sulla bocca di tutti che Zalone abbia fatto, con questo film , numeri impressionanti (ha superato anche gli incassi de Il Re Leone, che ok era paracula anche quella porcheria in semi-quasi-live-action ma sempre de Il Re Leone si parla), che nessuno potrebbe spiegarsi se non con la "formula Zalone" di cui sopra.
Addirittura, "Tolo Tolo" è diventato il film con il maggiore incasso nella storia del cinema italiano per quanto riguarda il primo giorno di uscita (oltre otto milioni di euro per più di un milione di spettatori). Certo, ha leggerissimamente aiutato che, fiutando l'affare, molte sale abbiano programmato anche dieci, dodici proiezioni al giorno: un zinzino credo che la cosa abbia influito. Ma giusto un pochetto. 


ecco i due o tre spettacoli previsti per Tolo Tolo



Ora, senza voler fare i naif, i critici a tutti i costi, uno di quelli con la puzza sotto il naso che capisce di inquadrature e "grammatica della scrittura" del Cinema, se un domani un qualcuno di importante nell'ambiente, proveniente dall'estero, mi chiedesse di mostrargli il nostro film attualmente di maggior successo economico, io mi vergognerei un po' a mostrargli quest'ultima pellicola targata Checco Zalone e Paolo Virzì (si, c'è anche lui alla sceneggiatura: non so dove, esattamente, ma c'è): non perchè non sia un film impegnato, o perchè un brutto film, ma solo perchè non è il film che ci si aspetta incassi quello sproposito per resa registica, sceneggiatura, contesto, attori; perchè, e questa è la mia impressione, in futuro i numeri saranno ben differenti.

Chi è andato a vedere Tolo Tolo si aspettava qualcosa di, probabilmente, caustico, irriverente, un politicamente scorretto riguardo l'immigrazione che però, a causa della "formula Zalone", è qualcosa che non potrà mai esserci essendo lontano dal suo DNA: è una comicità rassicurante, la sua,  non può essere cruda, nè sofisticata come quella di Antonio Albanese che meriterebbe a mio giudizio molta più fortuna; oppure ci si aspettava il canonico film alla Zalone, in cui un ignorante meridionale truffaldino di buon cuore riesce poi ad integrarsi ed avere successo, e si è trovato qualcosa di differente, quasi rischiando di dover pensare, di dover usare il cervello un po' più dello standard, perchè quei problemi li, quelle situazioni li, sono quotidiane per noi che ne sentiamo parlare nei telegiornali, ma finchè non le proveremo sulla nostra pelle non esisteranno mai davvero.





Senza menarla troppo, la mia impressione è che stavolta Checco Zalone sia andato un po' fuori dal seminato, il che può essere positivo, ove il suo pubblico affezionato sappia reinventarsi e crescere un poco per seguire qualche tematica un po' più interessante, attuale, realistica e cruda, ma anche negativo , in grado di ritornargli in faccia come un boomerang, se chi è andato al cinema a vedere il classico film di Zalone e si attendeva semplicemente il classico film di Zalone poi non ha trovato il classico film di Zalone dove si ride, ma una pellicola in cui si ridacchia ogni tanto e si è costretti, sia pure poco poco, a pensare un po' a quelle persone li, e quelle vicende li, tra un Grande Fratello Vip ed un C'è Posta Per Te, trasmissioni che sempre ricordano il bisogno di tornare all'agricoltura ed alla pastorizia per tanti che vi partecipano. O le persone che le seguono. 

Non solo "Tolo Tolo" non è esattamente un cambiamento radicale nel modo di fare cinema di Checco Zalone, ma è anche un cambiamento blando, superficiale, perchè le tematiche e le situazioni sembrano solo accennate, come a dare un contentino a chi è altrettanto superficiale, che vuole pensare senza sforzarsi troppo, ma mai davvero approfondite.
Un cinema paraculo, si diceva, perchè è difficile pensare che Luca Pasquale Medici si sbottoni schierandosi verso un orientamento o l'altro, preferendo invece mettere alla berlina un po' tutto, bipartisan, per così dire.
E' un attore comico, ovviamente, non uno drammatico, quindi non ci attendeva questo... questo... cosa?
Questo, in ogni caso. Qualunque cosa esattamente sia.





E' un film caruccio, simpatico a tratti che ha il merito di mostrare situazioni anche spiacevoli ma senza il coraggio vero di osare.
La domanda è, semmai, se la prossima volta la gente si fiderà altrettanto ad occhi chiusi delle promesse e del nome di Zalone e andrà a vedere il successivo film sulla fiducia, senza discutere.
Io penso di no, perchè stavolta il passaparola non è esattamente positivo come in passato: nella mia opinione, il tipo di cinema di Checco Zalone ha una scadenza.
Ad oggi, 07 febbraio 2020, il film è lontano dall'aver conquistato i sessantacinque e oltre milioni di euro del suo maggior successo, Quo Vado, attestandosi sui quarantasei milioni circa.
Sicuramente ha macinato numeri spropositati anche con gli altri suoi film e ha fatto bene all'industria cinematografica perchè le sale ne hanno solo beneficiato: è solo che la gente si accorgerà presto che, probabilmente, a voler grattare bene, un poco più a fondo,  non c'è molto sotto la superficie.
La sua base di affezionati, la sua fan-base, Zalone non la perderà mai: ma è ben possibile che molti fruitori occasionali di cinema, quelli che come si scriveva più in alto magari vanno in sala sulla fiducia se si tratta di lui, in futuro non ripeteranno l'esperienza.
Anche il McDonald ogni tanto tira fuori qualcosa di nuovo per sapore e proposta pur offrendo sempre, alla fin fine, un panino sia pur con gusto e nomi differenti: il solito, rassicurante Big Mac c'è sempre, però.
Grazie me ne dia un altro, e me lo incarti, che me lo porto via.